Ieri (“Corsera”, p.1 e 36) Ernesto Galli della Loggia: «Noi e la fede cristiana. I grandi temi che la Chiesa ha pensato di non vedere». «Noi»? Qualcuno si sente rappresentante di tanti... e quel «ha pensato» indica che saremmo di fronte a una scelta voluta. Dunque nella Chiesa cattolica volutamente sarebbero «ignorati» dei «problemi di scarsa democrazia interna» e di «esclusivo monopolio maschile». Una generale crisi oggi è innegabile, ma colpisce che si affermi che la Chiesa attuale la ignori volutamente. Davvero avrebbe paura della vera libertà, e della donna? Servirebbe, forse, qualche solido argomento in più. In duemila anni, crisi ben peggiori, sconvolgenti un ordine che poi pareva distrutto hanno minacciato Chiesa e futuro della fede. Penso, per esempio, al 410 e alla distruzione di Roma da parte di Alarico. O nell'Ottocento al bonapartismo... Che dire? Salva la libertà di pensiero di tutti, anche del professor Galli, possiamo ben ascoltare esortazioni diverse, e da un passato ancora presente. Dal «Non temere, piccolo gregge!» di venti secoli fa (Lc. 16, 32) al «Non abbiate paura... Aprite la porta a Cristo!» di un Papa che aveva vissuto l'annuncio devastante della fine, per la fede «oppio dei popoli»! Sino a oggi (“Osservatore Romano”. 21/12, p.12 «Vivere la crisi come germe di novità») e al discorso di papa Francesco alla Curia: «Vorrei esortarvi a non confondere la crisi con il conflitto... la crisi generalmente ha un esito positivo, mentre il conflitto crea sempre un contrasto». Nel corso dei secoli di crisi ce ne sono state tante e sono state superate proprio rifiutando una lettura conflittuale di una realtà che non è soltanto opera umana, almeno per noi, coloro che sentono la fede cristiana come realtà fondamentale della loro esistenza. Un fede finora capace di scavalcare ogni crisi e di restare l'annuncio di un futuro già presente affidato da una parte alla nostra povertà, dall'altra alla presenza di Gesù di Nazaret, rivoluzione di Dio nella storia umana: fino all'eternità.