Quest'anno l'Italia produrrà più cereali. Certo, occorrerà avere un andamento climatico favorevole, ma stando alle stime dell'Ismea la crescita delle superfici è pressoché assicurata. Una prospettiva che potrebbe essere favorevole ai produttori che devono affrontare una domanda mondiale in aumento.I numeri parlano chiaro. Da un'indagine qualitativa effettuata dall'Istituto presso un campione di interlocutori privilegiati emerge, in particolare, che le semine a frumento duro avrebbero fatto segnare un incremento di circa 150mila ettari (+13% su base annua), ammontando complessivamente a 1,35 milioni di ettari; quelle di tenero sarebbero cresciute del 17%; in aumento anche il mais (+2,6%, per circa un milione di ettari) e quelle di orzo che dovrebbe arrivare a coprire 330mila ettari circa. In prima fila, per il grano duro, regioni come la Puglia e le Marche (+15% circa) e la Sicilia (+20%); mentre per il tenero hanno acquisito superfici l'Emilia Romagna (+25%), il Veneto (+35%) e la Lombardia (+20%). La prevedibile crescita delle produzioni, tuttavia, non dovrebbe avere rilievo sul fronte dei prezzi. I mercati mondiali, infatti, stanno registrando un generale aumento della domanda e, limitatamente al mais, anche di progressiva erosione degli stock. Ma, mentre i cerealicoltori guardano un orizzonte che dovrebbe mettersi al bello, gli olivicoltori sono ancora una volta alle prese con la concorrenza sleale e un mercato difficile. Tanto da arrivare a proporre una nuova legge per farsi riconoscere la qualità dell'olio nazionale. Bastano pochi dati per capire. Secondo Coldiretti, Fondazione Symbola e Unaprol, negli ultimi tempi l'arrivo in Italia di olio di oliva straniero ha raggiunto il massimo storico di 584mila tonnellate e ha superato la produzione nazionale, in calo nel 2011 a 483mila tonnellate. L'Italia è così arrivata ad essere il primo importatore mondiale di olio che per il 74% viene dalla Spagna, per il 15% dalla Grecia e per il 7 dalla Tunisia. «Oggi – dicono – la maggioranza delle bottiglie di olio proviene da olive straniere, senza che questo sia sempre chiaro ai consumatori. Gli oli di oliva importati in Italia vengono mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all'estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri dove sono state esportate 364mila tonnellate nel 2011». Da qui l'idea: una nuova legge sulle etichette che tuteli produttori e consumatori indicando chiaramente l'origine della materia prima. E, in attesa della legge, i produttori consigliano di guardare con diffidenza ai prezzi eccessivamente bassi. Basta sapere che una confezione da un litro di un buon olio extra vergine di oliva, prodotto al 100% con olive italiane, non potrebbe costare sullo scaffale di un supermercato meno di 6 euro.