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Così un vescovo spagnolo vede e vive i social network

Guido Mocellin sabato 11 maggio 2024
Non c’è solo lo statunitense Robert Barron, di Winona-Rochester, nell’empireo dei vescovi più attivi e popolari in ambiente digitale. Nel vecchio continente, e segnatamente in Spagna, si segnala mons. José Ignacio Munilla Aguirre. Originario dei Paesi Baschi, 62 anni, licenza in Teologia spirituale, nel 2006 Benedetto XVI lo nomina vescovo di Palencia: ha solo 44 anni e in quel momento è il più giovane vescovo spagnolo. Dopo poco, nel 2009, lo stesso papa lo trasferisce a San Sebastián; passano dodici anni e Francesco lo promuove nuovamente, questa volta ad Orihuela-Alicante. Il suo ministero si è caratterizzato, sin da presbitero, per un’attiva presenza sui media, in particolare grazie all’eco della rubrica “Sexto continente” che tiene da molti anni su Radio Maria ispanofona. Si è spesso pronunciato criticamente nei confronti delle linee del governo e dei partiti di sinistra sulle questioni di bioetica. Per stare all’attualità, ha criticato severamente la canzone “Zorra” dei Nebulossa con la quale la Spagna sta partecipando all’Eurovision Song Contest, vedendovi, a partire dall’epiteto che le dà il titolo e dal testo che ne consegue, un’espressione della «crisi culturale» del suo paese (così “Vida Nueva” bit.ly/3ykm5Da). Parallelamente, nella Conferenza episcopale spagnola e nel Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa, ha ripetutamente assunto incarichi relativi alle comunicazioni sociali. Una pagina web ricchissima Per fare la conoscenza online del vescovo Munilla si parte dalla sua pagina personale (bit.ly/3UzI14X), sorta di database di tutti i suoi interventi pubblici: omelie, lettere pastorali, articoli, conferenze, interviste, estratti, i commenti al Catechismo (che hanno molto contribuito alla sua popolarità) e le puntate della rubrica su Radio Maria. Prevalgono gli audio e i video rispetto ai testi scritti. Sull’home page sono disponibili anche i link ai profili sui social, tutti intitolati “En ti confío”: in ordine di follower/iscritti, abbiamo YouTube con 182mila, Facebook con 130mila, X/Twitter con 114mila, Instagram con 97mila, TikTok con 28mila, più le piattaforme audio e quelle di messaggistica. I video su YouTube riflettono prevalentemente interventi pubblici: dunque la loro presa consiste nelle parole che il vescovo pronuncia e non nella messa in scena o nel montaggio. Tra i più visti (488mila click, un anno fa) c’è un dialogo-dibattito sull’esistenza di Dio con uno scrittore agnostico (bit.ly/3UCdqDO). Ci sono anche omelie, feriali e festive. Su Facebook, invece, video che comprendono il rosario recitato dal vescovo, il suo commento al Vangelo e una scheda sul santo del giorno (bit.ly/3UUTIVf) si alternano con altri post, che talvolta rilanciano e commentano immagini prese altrove nella Rete. Queste ultime prevalgono su Instagram, dove il vescovo appone brevi e talora pungenti chiose (bit.ly/3WsKikW). Attivo sulla Rete ma anche critico Data questa ricchezza di presenza, ci si potrebbe aspettare dal vescovo Munilla uno sguardo perlopiù positivo nei confronti dei nuovi media digitali. Non è proprio così. In una conferenza del 7 gennaio 2024, intitolata “Evangelizzare sulle reti [sociali] con criterio e padronanza” (oltre 17mila visualizzazioni bit.ly/4auEnPP), tutta la prima metà è dedicata a descrivere i rischi di questi strumenti: la censura verso il “politically incorrect”, compresi valori che il cristianesimo difende; la mancanza di trasparenza nell’utilizzo dei dati personali; la dipendenza dalla pornografia come una «pandemia»; la violenza verbale; il trionfo del narcisismo. Di conseguenza, il vescovo spagnolo lamenta una carenza, nella Chiesa, di «denuncia profetica» verso questa «emergenza morale». C’è anche la pars construens: elenca cinque atteggiamenti da assumere per una comunicazione digitale evangelizzatrice, i quali descrivono, nell’insieme, due centralità: «comunicare con il cuore», o meglio condividere «ciò che del Signore mi ha toccato il cuore», e non sottrarsi alle «battaglie culturali», anche sopportando di non piacere a tutti. In un articolo dell’aprile 2021 (bit.ly/3UxsLFK) sulle “Beatitudini digitali” monsignor Munilla aveva già insistito su questi punti: «Frequentare le reti sociali impregnati dello “spirito di povertà”» significa non cercare in esse né «potere» o «prestigio» né «autostima», ma impegnarsi «per la verità», fino ad abbracciare «la croce dell’incomprensione e della persecuzione». Perché, dice il vescovo, lo spirito delle beatitudini, «fondamentale per modulare lo stile con cui un cristiano è chiamato a essere presente sui social network», è «tanto pacifico quanto coraggioso e audace». © riproduzione riservata