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Così suor Medhin sfama i bambini del Tigrai

Antonella Mariani giovedì 26 settembre 2024

Nel Tigrai devastato dalla guerra civile e dalla miseria «dipende dalla fede di ciascuno credere che domani sarà migliore di oggi». Medhin sorride mentre pronuncia queste parole, collegata in videochiamata con Avvenire dalla capitale regionale Makallè. Di fede questa donna dolce e affabile di 52 anni ne deve aver tanta, se può sopportare l’esperienza di aver visto letteralmente morire di fame bambini, anziani e donne, e comunque continuare a sorridere. Ne ha, in effetti, e non soltanto perché è una suora, e con altre cinque Figlie della Carità opera in Tigrai, regione del nord dell’Etiopia; ma perché se da una parte sente su di sé la disperazione di un popolo che sopravvive grazie agli aiuti alimentari e sperimenta una malnutrizione cronica di massa, dall’altra tocca con mano la potenza del bene.

Suor Medhin Tesfay è tigrina, è cresciuta in un minuscolo villaggio e da ragazza ha visto ammazzare un fratello e tutti i cugini e ha dovuto fuggire lasciando i loro corpi insepolti. Ha vissuto due anni di guerra civile con il governo federale etiope aiutato dalle truppe eritree (2020-2022) e la distruzione sistematica di un territorio: tra le 600mila e le 800mila persone sono state uccise, un milione sfollate, larga parte di loro non ancora tornata nei propri villaggi, in una popolazione di 7 milioni di persone.

Ora coordina la distribuzione di pasti agli alunni, con l’organizzazione Mary’s Meals, nata 20 anni fa dopo che il fondatore, Magnus MacFarlane-Barrow, visse un’esperienza di fede a Medjugorje. Non è solo refezione scolastica, ma è cibo per la sopravvivenza. E purtroppo non per tutti. «Nella guerra civile sono state distrutte le scuole, incendiate deliberatamente il materiale scolastico, lavagne, banchi, libri. I nostri bambini sono rimasti fuori dal sistema scolastico per tre anni, prima a causa del Covid poi della guerra civile. Oggi solo il 42% di loro è ritornato tra i banchi», racconta.

Suor Medhin Tesfay - Armstrong Studios / 2024 / Mary's Meals

La scelta di Mary’s Meals di concentrarsi sui bambini e distribuire cibo nelle scuole è strategica: per la maggior parte degli alunni, la refezione è l’unico pasto della giornata e molti di loro portano qualcosa a casa per sfamare i fratelli più piccoli o le madri. Dunque sono incoraggiati a frequentare regolarmente e di conseguenza a istruirsi. L’organizzazione raggiunge in Tigrai 150mila alunni in 220 scuole: un risultato straordinario nella situazione in cui si trova la regione, devastata dopo la guerra anche da siccità e carestia.

Suor Medhin racconta la sua giornata: sveglia all’alba, momenti di preghiera comune e poi un lavoro lungo e assiduo in ufficio e per strada per assicurare i rifornimenti di vettovaglie, ragionare su nuovi progetti, cercare finanziamenti e visitare famiglie senza mezzi. «Il mio pensiero è sempre fisso su quel 58% di bambini che non vanno ancora a scuola, perché gli edifici sono inagibili o perché ancora occupati dalle milizie. Per me e per le mie consorelle è molto doloroso sapere che il nostro lavoro è il crinale tra chi può sopravvivere e chi no. Tutta la popolazione ha bisogno della nostra assistenza, ma il cibo non basta. La mia più grande pena è dover scegliere chi aiutare».

Suor Medhin Tesfay - Armstrong Studios / 2024 / Mary's Meals

Come Mizan, 14 anni, figlia di una madre sola, in mezzo a una nidiata da altri 6 fratelli e sorelle. Prima della guerra sopravvivevano dando in affitto alcuni terreni e ricevendo in cambio parte dei raccolti. Con la guerra tutto è cambiato: la famiglia è stata divisa e lei e la madre si sono trovate per strada, senza mezzi. «Mizan trascorreva la giornata ad elemosinare casa per casa un po’ di cibo – racconta suor Medhin -. Dipendeva totalmente dalla carità degli altri. Con il programma di Mary’s Meals, Mizan e 3 dei suoi fratelli hanno ripreso ad andare a scuola. È stato un ritorno tra i banchi e insieme un ritorno alla dignità. Ora si nutrono regolarmente e la mamma può occuparsi degli altri fratellini. Mizan può anche immaginare un futuro migliore per sé e per il suo Paese: vuole diventare insegnante».