Così lontani, così vicini: migranti distrazione di massa
Immaginiamo per un attimo che siano le autorità nigerine, con tanto di militari opportunamente addestrati, a controllare le nostre frontiere divinamente disegnate. Mettiamo si tracci una linea di divisione tra chi ha il diritto di viaggiare e chi, invece, è legato per sempre al sacro patrio suolo. Proviamo a pensare che, d'improvviso, l'Unione Africana decida il profilo degli stranieri occidentali degni di ottenere un titolo di soggiorno nel Continente. Figuriamoci appena che cosa accadrebbe se ci venissero dettate le politiche da applicare da esperti africani in visita regolare nelle principali capitali europee. Riconosciamo che sarebbe difficile anche solo concepire questa possibilità e, nel caso, le reazioni popolari di rigetto non tarderebbero a manifestarsi. Eppure questo e molto peggio è quanto sta accadendo in questa porzione di mondo chiamato Sahel, riva umana che si affaccia sull'altra più a nord che si allontana ogni giorno di più. Siamo vicini e lontani insieme. Tutto ci separa eppure tutto ci unisce. Deserto e mare nascondono gli stessi cimiteri.
Basta osservare la continuità delle politiche di controllo europeo sulla mobilità degli africani dell'Africa del Nord e subsahariana. Uno dei diritti fondamentali riconosciuto dalla Dichiarazione universale del 1948 è quello della mobilità. La possibilità di lasciare il proprio Paese e di ritornarvi appare come una conseguenza elementare della dignità umana. Ciò implica la costruzione di una storia diversa da quella ereditata dal luogo o dalle circostanze mutevoli della vita. L'Europa questo lo sa e solo una straordinaria amnesia può cancellare e poi travisare quanto accaduto nell'epoca della grandi migrazioni continentali. Milioni di europei, poveri per la maggior parte, hanno cercato e trovato un futuro differente altrove che nel loro Paese e continente di origine. Invece l'Europa, l'Occidente e chi ha potere economico, ha creato un pensiero, un linguaggio, una narrazione unica della storia che implica l'esclusione di coloro che sono stimati indesiderabili. Si sono create leggi, inventate di sana pianta frontiere, formato addetti al controllo e alla repressione del diritto umano alla mobilità.
Si è formato un grande business che accompagna le politiche migratorie. Ciò che accade da diversi anni nel Sahel e dintorni non è altro che una ri-colonizzazione dello spazio, delle politiche e delle risorse in esso contenuto. Il controllo delle migrazioni è dunque un'arma di distrazione di massa. In realtà ciò che si vuole controllare e "disciplinare" sono i corpi di coloro che potrebbero tentare di sovvertire la realtà così come ereditata dal sistema di apartheid globale. Chi vuole lottare per non scomparire nell'invisibilità è criminalizzato come pericoloso per il disordine mondiale che il sistema perpetua e rafforza. Nella storia umana, infatti, non c'è nulla di più rivoluzionario della sabbia che fa inceppare i meccanismi che vorrebbero riprodurla così come si presenta. Tutti i migranti nascondono una manciata di sabbia in tasca.
Niamey, ottobre 2018