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Così l’Italia può aiutare l’Africa a coltivare

Andrea Zaghi domenica 28 aprile 2024
Lo sviluppo agricolo dell’Africa potrebbe partire anche da Firenze. Non si tratta di “fantagricoltura”, ma di una prospettiva che ha anche una base concreta: l’Istituto Agronomico d’Oltremare, istituzione dedicata alla formazione e alla ricerca agricole creata nel 1904 e chiusa alla fine del 2015 per la quale basterebbe poco, sembra, per tornare a funzionare. L’idea circola da qualche settimana e se ne è parlato anche tra gli intervenuti alla cerimonia di inaugurazione del 271° anno accademico dei Georgofili. La possibilità di ridare nuova vita allo IAO passa dal Piano Mattei che si sta delineando e che prevede una dotazione iniziale di 5,5 miliardi di euro e cinque ambiti di intervento - agricoltura, istruzione, energia, salute e acqua - oltre che una serie di “progetti pilota”.
Tutto ancora da precisare e rendere operativo. E tutto da comprendere bene nei suoi sviluppi (negli stessi giorni in cui il Piano è stato reso noto, le organizzazioni missionarie e le Ong hanno sottolineato la necessità di coinvolgere davvero chi in Africa lavora da tempo per lo sviluppo). È un fatto, tuttavia, che l’agricoltura e l’agroalimentare costituiscano uno dei pilastri fondamentali. Proprio per questo, tra l’altro, Coldiretti, Bonifiche Ferraresi, Filiera Italia e Cai (Consorzi agrari d’Italia) hanno presentato un progetto che prevede interventi su 40mila ettari con la creazione di posti di lavoro, fornitura di beni e servizi, sviluppo delle agroenergie da fonti rinnovabili, trasmissione di conoscenza e tecnologia per la produzione locale e lo sviluppo di nuove reti di vendita. È in tutto questo che si inserirebbe la riapertura dell’Istituto Agronomico d’Oltremare. Lo IAO è stato soppresso e incluso nell’Agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo, ma nella sede fiorentina c’è ancora pressoché tutto o quasi: laboratori, biblioteche, aule di formazione, serre e molto altro ancora. Un patrimonio per il quale poco basterebbe per essere rivitalizzato. «Una nuova vita dello IAO – dice a questo proposito Massimo Vincenzini, presidente dell’Accademia dei Georgofili che, tra l’altro, contribuì oltre cento anni fa alla sua creazione – è non solo auspicabile ma realizzabile con sforzo relativamente contenuto e investimenti limitati. Si riuscirebbe così a ridare all’Istituto la sua originale funzione di luogo di produzione di ricerca e conoscenza, oltre che di formazione, in una veste non più coloniale ma più consona al terzo millennio». A Firenze se ne parla. A Roma si deve decidere. © riproduzione riservata