Così il demone della comunicazione sta uccidendo la vera conoscenza
Ricordo che accolsi quel saggio di Perniola con un certo sollievo. L'autore evidentemente non temeva l'accusa di essere un apocalittico e un catastrofista, né un nemico del Progresso. Nel suo saggio Miracoli e traumi della comunicazione (Einaudi), appena uscito, Perniola allarga il raggio della sua analisi. Partendo dall'idea molto condivisibile, secondo cui «i contemporanei non sono i migliori conoscitori del loro presente», l'autore riesamina alcuni eventi cruciali dell'ultimo mezzo secolo: il Sessantotto, la rivoluzione iraniana del 1979, la caduta del muro di Berlino e l'attentato alle Torri Gemelle. Eventi enormi: eppure "miracolosi" e quasi incredibili, traumatici ma anche misteriosi per la non chiarita consistenza sia delle loro cause che dei loro effetti. È come se gli eventi storici avessero perso peso e senso. Che cosa è veramente successo? Qual è il grado di realtà della storia che abbiamo vissuto e stiamo vivendo? Due cose sono certe: «il miracolismo mediatico» rende futili e vuote le esistenze individuali e la stessa esperienza umana nel suo complesso è paralizzata e vanificata.