Dopo l'esibizione del Signor- ehm ehm - Ovrebo e del suo assistente Nebben, veri autori della sconfitta della Fiorentina a Monaco, è più che mai ora di chiedersi cosa vogliamo fare degli arbitri. Ma anche di darsi una risposta che manca ormai da quando la partita è letteralmente uscita dal campo e si è collocata quasi naturalmente sul televisore, trasformando il video da oggetto quadrato (ricordate?) a orizzontale, addirittura in perfetta proporzione con il terreno di gioco nella dimensione a 16/9. La moviola in campo non c'entra. È una bufala ideologica e commerciale: spesso e volentieri la verità tecnologica è "moviolata", cambia da trasmissione a trasmissione, e le campagne destinate a favorire l'uso dello strumento falso e bugiardo malcelano l'interesse per un business ultramiliardario. Detto questo, torniamo all'Uomo, a quel povero sportivo che magari voleva fare il calciatore e s'è dovuto accontentare di fare l'arbitro; o piuttosto a quello sportivissimo energetico e narcisista che invece nella partita ha scelto di recitare un ruolo centrale e vitale. Come dire da una parte Ovrebo (visto che razza d'atleta?) e dall'altra Collina, l'arbitro che non avrebbe mai scambiato il proprio ruolo con quello di Totti e Del Piero. L'Uomo Arbitro - come ha detto anche Michel Platini, imbarazzato testimone del fattaccio di Monaco - viene costantemente massacrato dalle telecamere e va dunque aiutato in maniera che la sua naturale umanissima debolezza non debba far perdere ogni credibilità al giudice di campo e al gioco in sè, già carico dei rossori di Calciopoli i cui veri protagonisti - va ricordato - non furono solo i moggianti ma soprattutto gli arbitri. La soluzione che vado suggerendo da troppi anni è umanissima: aggiungere collaboratori adeguatamente professionali al direttore di gara, altri arbitri in campo che, come gli attuali assistenti, siano solo "spalle" del Protagonista. Lo scellerato Ovrebo ha platealmente tentato di sopravvivere al sacrosanto insulto di Drogba - vedi il vergognoso Chelsea-Barcellona - affidandosi alle decisioni del volpastro Nebben, proprio come fanno anche alcuni arbitri nostrani.
Gli strumenti di comunicazione di cui è fornita l'attuale quaterna deve consentire all'arbitro solo di recepire rapide segnalazioni e opinioni: a lui tocca la scelta decisiva, non frettolosa ma meditata. Se si vuol perder del tempo non tiriamo in ballo i dannosi minuti della moviola ma i necessari secondi di riflessione dell'arbitro, "aiutato", non deviato, dai collaboratori. Avanti coi giudici di porta, dunque, collocati in maniera di potersi esprimere anche sul fuorigioco, elemento tattico che - di questo passo - finirà per essere abolito, visto ch'è diventato sospetto strumento di discrezionalità.
Eppoi, evitiamo di savraccaricare di impegni quell'uomo sempre più solo al comando di miliardari furbastri che si rifiutano di dargli una mano. Come quello di sospendere la partita in caso di esibizioni violente da parte del pubblico, restituendogli l'antica patente di pubblico ufficiale. Non mi stupisce, invece, che sia chiamato a punire i bestemmiatori: la regola - non canonica - era già scritta nella "Guida pratica al regolamento" in uso da decenni e applicata dagli arbitri anche con l'uso del cartellino rosso, in genere affibbiato agli allenatori intemperanti ma anche ai giocatori maleducati. Adesso è diventata regola, niente di nuovo. Di nuovo c'è quell'indecente prova televisiva che produce - l'abbiamo visto sulle labbra di Buffon, rivisitate domenica scorsa dalle indecorose moviole - non la condanna ma la ripetizione all'infinito della bestemmia. È questo il Fair Play che si cercava di riesumare?