C'è bisogno di cooperazione, oggi più che mai in un mondo che procede veloce e rischia troppo spesso di escludere. Nel campo agricolo ciò ha permesso il mantenimento di intere aree del Paese, salvando paesaggi vitivinicoli, olivicoli, ortofrutticoli e di tutti i settori. Poi la cooperazione è stata l'intento di tanti imprenditori, che hanno mosso i passi per creare ulteriori elementi di occupazione. E – se andiamo indietro negli anni – quante figure di sacerdoti hanno favorito questo mettersi insieme, per aumentare la forza dei soggetti che si uniscono! Le stesse banche cooperative restano un prototipo di mutua assistenza che ha avuto origine da sacerdoti illuminati. Uno di questi ci ha lasciati pochi giorni fa: monsignor Adriano Vincenzi, salutato nella sua Verona da una folla che ha imparato da lui l'umiltà di fare un passo indietro per favorire l'inclusione. Perché la cooperazione è anche questo: fare un passo indietro per andare avanti, insieme. È il leit motiv del Festival della dottrina sociale, che nacque a Verona su ispirazione di monsignor Vincenzi nel 2010 secondo il motto: «Sguardo lungo e tempo per maturare». Egli lo ha ripetuto a novembre a conclusione della IX edizione, dove l'ammonimento più incisivo è stato: «Occorre tanta gente che fa bene quello che deve fare, non è il momento degli eroi». Altrimenti si assiste a ciò che lui ha chiamato «lo scontro tra i migliori», mentre è solo lavorando che è possibile capirsi e soprattutto comprendere che è il bene comune a determinare l'azione. Parole auree che dovrebbero risuonare nei palazzi della politica, dove più che aggregazioni si vedono solo "migliori", e sempre più numerosi... Anche il mondo della ristorazione è uno specchio di questi "migliori"; ma il fine di un'azione non può essere il luccichio delle stelle (Michelin). Per questo mi ha colpito l'iniziativa di Matteo Baronetto, chef del Cambio di Torino, di creare una nuova Academy con la Piazza dei Mestieri, un'altra realtà torinese nata nel solco della dottrina sociale e che da 15 anni si occupa di educazione soprattutto dei ragazzi più fragili della società. Il Cambio ha già introdotto 13 allievi della Piazza come apprendisti, il che rappresenta un reale ingresso nel mondo del lavoro; nel 2019 sono state 42 le collaborazioni che hanno integrato il team del Cambio. Un modo per creare valore sociale e culturale che ha un comune denominatore: la volontà di recuperare il saper fare aggiornandolo alle esigenze contemporanee. E sembra di risentire le parole di monsignor Vincenzi quando a novembre disse che «ciò che crea è la nostra debolezza, che tuttavia non indebolisce l'azione». Una prospettiva davvero nuova, il cui segreto sta in una parola semplice: cooperare.