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Contro la barbarie rileggere la Morante

Maria Romana De Gasperi venerdì 20 novembre 2015
Avvenimenti come le stragi parigine suscitano in tutti un sentimento di paura e di angoscia, che va oltre l'orrore per l'accaduto e costringe a interrogarci sul nostro posto nella storia, nel presente, in questa nostra unica vita che così spesso sciupiamo in lotte secondarie e in trastulli che, anche quando li crediamo serissimi e ci si svelano, in momenti come questi, secondari e infantili di fronte ai disastri della Storia. Ho provato a sfogliare di nuovo le pagine – che ho sempre trovato provocatoriamente istruttive – che Elsa Morante, nel romanzo che si chiama appunto La Storia, scandiscono a ogni inizio di capitolo le collettive tragedie del passato, proprio perché la Storia ci sta di nuovo aggredendo e travolgendo, e vi ho ritrovato quella messa in guardia dalla Storia che fu il compito che la grande scrittrice si era data, pensando soprattutto ai giovani di quegli anni, i Settanta, alla generazione del '68 nella quale aveva riposto tante speranze rapidamente deluse. Sì, la Storia è un seguito di terribili sciagure, di scontri brutali tra poteri che usano e condizionano i loro sottoposti in conflitti le cui cause o scuse sono ora ideologiche e ora soprattutto economiche, o più spesso economiche mascherate da ideologiche. Nella «aiuola che ci fa così feroci», si è trascinati nei conflitti in qualità di vittime ma anche di complici, perché si è costretti, se sinceri, a renderci conto di non aver fatto abbastanza nella ricerca delle strade giuste per individuare, isolare e neutralizzare i grandi responsabili. Innocenti sì, ma solo fino a un certo punto, specialmente oggi che potremmo e dovremmo reagire alle barbarie tecnologiche ultra-moderne e alle barbarie presunte arretrate, la cui arretratezza dipende spesso dalle politiche dei paesi ricchi, dell'occidente di cui facciamo parte. Un insopportabile senso di impotenza ci opprime in questi giorni luttuosi che sembrano annunciarne altri che lo saranno anche più. Che fare? Ci si chiede, soprattutto se è così difficile capire il giusto e l'ingiusto nelle ipocrisie dei potenti e dei loro propagandisti. Che fare? E tuttavia è in questi momenti che si deve esigere il massimo da se stessi e dai propri amici, in azioni di chiarificazione, di apertura agli altri, e di individuazione di progetti sia singoli che collettivi che possano intralciare e contrastare i nemici della pace, gli ipocriti delle guerre sante. Ma come uscire dall'impotenza, come agire in modi utili, chiari? Non è facile, davvero non è facile. Ma se non ora, quando?