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Contributi spariti e divieto di accesso alla rendita vitalizia

Vittorio Spinelli martedì 16 luglio 2024
S orpresa dall’Inps: dopo aver fatto la
domanda di pensione, avendo alle spalle anni di intenso ministero, diversi sacerdoti ricevono dall’Istituto la comunicazione di non avere i contributi necessari. Infatti nell’estratto dei versamenti risultano scoperti periodi che in genere si collocano negli anni tra il 1974 e il 1985. Questo costringe gli interessati ad allungare il tempo del pensionamento con nuovi versamenti, tanto quanto serve per pareggiare il conto personale. Il problema, in realtà, è tutto dell’Inps. A causa di un’antica e disordinata gestione del Fondo Clero, le vecchie matrici dei versamenti personali risultano distrutte o illeggibili, sebbene i pagamenti siano stati regolarmente effettuati. La prescrizione di cinque anni impedisce di intervenire sul passato, neppure se gli interessati chiedessero di ripetere oggi i pagamenti del tempo. In questi casi la previdenza prevede la costituzione di una “ rendita vitalizia” per integrare la pensione scoperta di contributi. Si tratta sin dal 1962 di una garanzia riservata ai lavoratori dipendenti contro gli eventuali illeciti dei datori di lavoro. La Corte Costituzionale ha operato nel corso degli anni alcune integrazioni e ha esteso la “rendita” alle figure del lavoro autonomo (familiari di artigiani, di commercianti, di agricoli) compresi i collaboratori. In sostanza, la Corte ha ritenuto che si possa utilizzare la rendita vitalizia quando gli interessati non hanno una posizione attiva nell’assolvere il proprio obbligo contributivo, mentre l’onere di versare ricade su altri (il datore di lavoro, il titolare dell’azienda, il committente). Da diversi anni i sacerdoti chiedono di poter utilizzare il sistema della rendita vitalizia. L’Inps ha sempre negato questa possibilità, sostenendo che i ministri di culto non sono lavoratori dipendenti né assimilabili agli autonomi. Ma dimentica che i loro contributi devono transitare obbligatoriamente da un soggetto terzo, l’Istituto Centrale per il Sostentamento. Una recente ordinanza della Cassazione (n.13229/2024) invita a “rimeditare” l’intero istituto della rendita e della prescrizione. Opportuni quindi i ricorsi dei sacerdoti interessati. Senza dimenticare, a una più attenta analisi, che all’origine, prima delle omissioni, si tratta di “mancata custodia delle cose” (art. 1177 CC) da imputare all’Inps. © riproduzione riservata