Conte la prego, riapriamo subito le chiese e poi gli stadi
Io mi fermo allo sport, che ne ha già abbastanza. L’altalena di indecisioni è indecente. L’ultimo intervento del premier Conte – tifoso inconsapevole della Roma – ha raggiunto vertici di comicità involontaria soprattutto quando gli è arrivata la bacchettata correttiva del ministro dello Sport Spadafora i cui interventi avrebbero senso se fossero effettuati dal ministro della salute Bob Hope, pardon Roberto Speranza. Dappertutto, nel mondo, e significativamente in Europa, tutto lo sport sta riprendendo vita e non c’è migliore annuncio di una vittoria per dichiarare concluso, o come in questo caso attenuato, un periodo particolarmente tragico. Lo sport e il calcio in particolare non chiedono elemosine a un governo bollettaro, pretendono solo di salvaguardare i propri interessi. Un’ulteriore lunga attesa rischia di partorire soluzioni emergenziali umoristiche come la proposta lotitiana di giocarsi lo scudetto in una partita secca fra Lazio e Juve. Magari aggiungendo al prossimo torneo una squadra, il Benevento, promossa sul campo. Ovviamente al posto del retrocedendo Brescia, tanto per far piacere all’illuminato nichilista Cellino. Per non apparire egoista chiedo ai governanti non solo di farmi rivedere e raccontare il campionato di calcio: di questo vivo. Poi voglio portare a passeggio la mia nipotina per farle conoscere – a quattr’anni si può – il bello della primavera fra poesia e prosa. Eppoi, come ho già scritto qui, se è vero che agogno l’apertura degli stadi, mi sta ancora più a cuore quella delle chiese. Dove vivo – a Pantelleria – ce n’è una matrice, un santuario mariano e tante chiesette: tutte vuote. Qui non c’è contagio e ordinatamente ubbidiamo ai decreti anche se non ci riguarderebbero. Ma perché negarci il luogo della preghiera?