XXXI Domenica del Tempo Ordinario – Anno B
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi». Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». [...]
Per cosa o per chi rispettare un comandamento? E poi, ne vale la pena? E quale prima di tutti? Quale tra tutti quelli che devo rispettare riuscirà a significarmi il senso della vita? Questo sembra chiedere lo scriba a Gesù. Una richiesta di senso, una domanda esistenziale, non una gerarchia di valori, ma una direzione sulla quale impegnarmi, l’orientamento verso il quale giocare la mia vita. Nel mare confuso di tutti i comandamenti (gli ebrei ne avevano più di 600) ce ne sarà almeno uno che potrà farmi da stella polare, verso il quale dirigere lo sguardo e tenerlo fisso per non perdermi, per non smarrire la mia vita. E la risposta di Gesù, nella frammentazione della Legge, riunifica e salda, congiunge i brandelli, fonde le schegge impazzite dell’essere umano: «…con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente». Non sono spezzato, non esistono divisioni o separazioni o limiti netti nella creatura di Dio, non c’è un’anima che vale più della mente: sono uno, impastato di cellule e sogni, di fibre e desideri, di atomi e preghiera. La stessa pasta del mio prossimo, che è fatto come me e come me amabile. È questo il senso che cerco e mi piace sapere che tutto ancora deve avvenire: «Amerai…», come se mi si lasciasse sempre una possibilità, come se tutto ancora dovesse compiersi. Amerò totalmente, interamente, sarò tutto amore. A questo tendo, questo sogna per me il mio Dio. Forse non è un caso che questo Vangelo ci venga proposto proprio nei giorni in cui abbiamo contato le assenze e i vuoti che ci hanno lasciato le persone che abbiamo amato e che non sono più tra noi. Come se queste parole volessero assicurarci che il futuro non può essere altro che amore, che il progetto di Dio per le sue creature si compie senza nulla perdere, senza smarrire nessun frammento delle sue creature. «Con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima»: l’amore non è sentimento e non è pensiero; l’amore è energia, è forza che trascina e spinge, che muove e impregna, turbina e trasforma. «Forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi... una scheggia di Dio, infuocata, è l’amore» (Cantico dei Cantici 8,6). Amare Dio e l’altro con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima: è questa la stella polare, è questa la scintilla di Dio che dà un senso, una direzione alla vita e le stelle, si sa, seguono sempre fili invisibili, celesti. Restano a indicarci la via, se ne stanno là anche quando è giorno e non riusciamo a vederle, a dirci che l’amore è sempre possibile, mai concluso, mai finito. Eterno come Dio.
(Letture: Deuteronomio 6,2-6; Salmo 17; Ebrei 7,23-28; Marco 12,28-34)
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