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Con Pif si capisce davvero la mafia

Andrea Fagioli giovedì 22 dicembre 2016
Aspettiamo con piacere la seconda serie. Speriamo sia all'altezza della prima che si è appena conclusa su Rai 1. Parliamo de La mafia uccide solo d'estate, un film di qualche anno fa, diretto e interpretato da Pierfrancesco Diliberto, più noto come Pif, scritto con Michele Astori e Marco Martani, che ha trovato sviluppo in una serie televisiva. «Ma la mafia ucciderà anche noi? Tranquillo. Ora siamo d'inverno. La mafia uccide solo d'estate». Da qui il titolo e la storia di Salvatore Giammarresi e della sua famiglia nella Sicilia della fine degli anni Settanta. Un padre (Lorenzo) impiegato all'anagrafe, una madre (Pia) insegnante precaria, una figlia (Angela) di sedici anni e lui, Salvatore, il figlio di dieci. Tutti alle prese con i problemi quotidiani dell'età e del lavoro. Problemi, però, solo apparentemente ordinari se di mezzo c'è Cosa Nostra che detta legge a Palermo e non solo. Una commedia drammatica, dunque, che attraverso i ricordi d'infanzia del protagonista ricostruisce, in toni spesso paradossali e ironici, una sanguinosa stagione dell'attività criminale della mafia siciliana. Con un rush finale di quattro episodi in due prime serate consecutive (lunedì e martedì), la serie (in questo caso diretta da Luca Ribuoli e interpretata da Claudio Gioè, Anna Foglietta, Francesco Scianna, Valentina D'Agostino e Nino Frassica con Pif voce narrante) si è conclusa con la presa di coscienza di cosa sia la mafia e che la si può combattere solo rimanendo al proprio posto e facendo il proprio dovere. Il tutto simboleggiato dalla rinuncia a fuggire scendendo all'ultimo momento dal traghetto in partenza per il continente e dalla corsa verso la città da parte di Salvatore inseguito (o seguito) dai suoi parenti. Il lieto fine con qualche nota enfatica, anticipato dalla ricomposizione dei vari rapporti parentali, nulla toglie a una delle migliori serie tv viste negli ultimi tempi (premiata anche dagli ascolti), che cerca di raccontare la mafia in modo diverso, ma non per questo banale. Dissacra i boss e i loro scagnozzi (compreso la sgangherato Fra Giacinto) e rende molto umani gli eroi dell'antimafia, a partire dal personaggio di Boris Giuliano, che a suon di iris (tipica brioche siciliana alla crema) e di colazioni al bar (dove tra l'altro verrà ucciso) instaura un commovente rapporto di amicizia con il piccolo Salvatore.