L'arrivo della povertà fa paura. Il pessimismo conduce alla povertà. L'ottimismo fondato solo sulla speranza è negativo. Sono giudizi che sentiamo ripetere questi giorni fra la gente che è combattuta dalle notizie, dai consigli, dalle incertezze dalle quali si sente investita ogni giorno. E allora cosa fare? Cosa pensare? Le diverse interpretazioni della “manovra” del governo e soprattutto l'atteggiamento critico delle varie parti rischiano di mortificare l'aspetto economico per dare più peso alla sua parte politica. Questo infatti sembra di leggere tra le righe dei discorsi e delle interpretazioni di ogni pagina della manovra dove le ragioni dell'uno o dell'altro movimento affermano di interpretare il pensiero di chi li sostiene, in realtà di coloro che danno loro il voto alle elezioni. Questa è infine l'idea di chi della politica segue solo i grandi avvenimenti e lascia ad altri l'impegno di proteggere i propri interessi. L'impressione è che si pensi di più alla propria categoria da difendere invece che al proprio paese. Il futuro voto sembra diventare così l'ago della bilancia. Poi c'è l'altra faccia della moneta: come ognuno di noi si pone davanti a questo che sarà un programma di vita diverso e che colpirà tutta l'Europa, per non pensare agli Usa ai quali abbiamo sempre affidato la sicurezza del mondo. Le conseguenze più evidenti credo siano subito due: nascondere i beni se ce ne sono, o abbandonarsi a respirare piano, come fa chi sente di essere prossimo alla fine e trattiene il fiato. In questo caso è il pessimismo che vince. Un medio ottimismo invece, fatto di volontà di resistere e di quel tipo di rischio che è sempre stata la parte forte delle imprese potrebbe essere oggi ancora la buona scala per riprendere a salire. Ma a noi che viviamo in un piccolo paese, che abbiamo un piccolo stipendio e una grande famiglia cosa ci prepara il domani. Difficile dirlo senza cadere nell'inefficienza dei consigli o nelle braccia della paura. Potrebbe forse essere utile ricordare agli uomini di oggi che siamo già passati per tempi molto più difficoltosi e che abbiamo vinto malgrado la povertà avesse trovata spalancata la porta di ogni casa. Il risparmio, il lavoro anche il più umile, l'accontentarsi del poco, attenersi alle spese solo essenziali, avere fiducia in se stessi, mettere in opera le proprie capacità, la fantasia, la voglia di vivere a ogni costo. Queste, mi sembra di ricordare, furono le medicine per rinascere dopo una distruzione quasi totale dell'Europa alla fine dell'ultima guerra. Ma l'esempio allora venne dall'alto. Sulla parete del piccolo studio della mia casa di montagna conservo, in due pagine redatte a matita sulla carta intestata del Presidente del Consiglio con la data del 4.8.1947, questo scritto: «...ho misurato a passi il percorso dell'acqua, ho calcolato 550 passi dalla fonte al tubo fino alla strada... altri 175 passi fino alla vasca sopra la casa... si potrebbe restaurare il vecchio canale... passando per la valletta si potrebbero risparmiare 20 m di tubo...». De Gasperi con i suoi passi incominciava a insegnare all'Italia come affrontare la povertà e riprendere a costruire un degno futuro.