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Con il premierato serve status dell’opposizione

Stefano De Martis domenica 14 gennaio 2024
Nel momento in cui si prospetta un rafforzamento del ruolo del presidente del Consiglio – al di là della specifica soluzione di premierato adottata – bisognerebbe contestualmente provvedere a definire e consolidare anche il ruolo dell’opposizione, in quella logica di bilanciamento che contraddistingue un funzionamento sano delle istituzioni democratiche. Invece il tema dello “statuto dell’opposizione” – che pure è emerso nelle audizioni dei costituzionalisti in Senato – risulta del tutto marginale nel dibattito pubblico. Ovviamente, nel nostro ordinamento non mancano già ora norme di garanzia per le minoranze parlamentari. Ma servirebbe un salto di qualità nel riconoscimento della funzione istituzionale dell’opposizione, in un’ottica di sistema svincolata dagli interessi dei soggetti politici concretamente in campo in una determinata fase. In democrazia, ogni incarico è per definizione pro tempore, e le riforme in materia costituzionale dovrebbero guardare sempre più avanti dell’esistente. Così come è stato mutuato dal sistema britannico il termine premier – usato a dire il vero con una notevole dose di approssimazione – si dovrebbe trarre ispirazione dal medesimo sistema anche per il ruolo di quella che (traducendo alla buona) è l’Opposizione Ufficiale di Sua Maestà, dotata di poteri di critica e di controllo che le consentono di informare costantemente l’elettorato sulle proprie proposte e di presentarsi ad esso come credibile alternativa di governo. Certo, nel Regno Unito la dinamica è semplificata in modo decisivo – sia dal lato del primo ministro sia da quello dell’opposizione – dalla circostanza che la scena è storicamente dominata da due partiti. Da noi, come in tutti i Paesi a multipartitismo spinto, diventa problematico anche parlare di opposizione al singolare. Né si vuole indugiare oltre il lecito in un parallelismo che trova un limite oggettivo ed evidente nell’esistenza della monarchia e nella mancanza di una costituzione scritta e rigida come la nostra. Ma è sulla logica di fondo che bisogna porre l’accento. La necessità di attribuire un ruolo costituzionalmente definito ed efficace all’opposizione parlamentare è un tema che non nasce in rapporto alla prospettiva del premierato di cui si discute oggi. Questa, semmai, rende più urgente un intervento in questo senso. Alla radice c’è, piuttosto, un progressivo slittamento rispetto alla dottrina classica della separazione dei poteri, cardine delle democrazie liberali. La linea di demarcazione non passa più tra potere esecutivo e potere legislativo, ma tra governo e maggioranza parlamentare, da un lato, e opposizione parlamentare, dall’altro. Questo perché con i sistemi elettorali maggioritari si produce una tendenziale identificazione tra governi e maggioranze parlamentari, com’era chiaro già agli studiosi inglesi del XIX secolo, secondo cui stava proprio qui l’efficient secret
del funzionamento del sistema. Ecco perché diventa fondamentale rafforzare il ruolo dell’opposizione elevando, per esempio, i quorum necessari per eleggere gli organi di garanzia o introducendo la possibilità di un ricorso diretto, e in alcuni casi preventivo, alla Corte costituzionale. Per non fare confronti sempre con i soliti Paesi, è quanto accaduto di recente in Albania, dove la locale Corte costituzionale ha sospeso il trattato stipulato con l’Italia in tema di migrazioni dopo i ricorsi dei gruppi di minoranza. © riproduzione riservata