Torna a scaldarsi il fronte del negoziato internazionale sui commerci agricoli. Mentre in Italia si chiede una corretta applicazione della nuova Pac. E non potrebbe che essere così, visto che le agricolture europee ormai si trovano a dover fare i conti con due orizzonti da affrontare contemporaneamente: da una parte l'allargamento dell'Ue, dall'altra la conclusione del round negoziale del Wto.
Proprio quest'ultimo appuntamento sta suscitando grandi dibattiti. Con risultati spesso opposti: c'è chi preme per uno smantellamento delle politiche agricole europee, c'è chi spinge per il riconoscimento della necessità di difendere l'agricoltura nostrana. È possibile però isolare tre punti di non ritorno: la difesa delle produzioni tipiche mediterranee, la difesa delle ormai innumerevoli denominazioni di origine, lo stop ad altre concessioni commerciali e tariffarie in favore dei Paesi partners del Wto. I numeri, tuttavia, parlano piuttosto chiaro: non è vero, infatti, che l'agricoltura europea sia ancora "protetta" come verrebbe da pensare. Importiamo dai Paesi in via di Sviluppo più di quanto facciano Stati Uniti, Giappone, Canada, Australia e Nuova Zelanda messi insieme. Addirittura, stando ai calcoli Confagricoltura, assorbiamo l'85% delle esportazioni agricole dei Paesi africani. Stesso discorso si potrebbe fare per quanto concerne le imposizioni tariffarie. La tariffa media per le importazioni dei prodotti agricoli è pari al 10% per l'Europa, al 30% per il Brasile ed al 60% per i Paesi sviluppati. Il risultato? L'Europa importa circa 70 miliardi di euro di prodotti agricoli di cui 43,5 dai Pvs. Gli usa arrivano a 61,6 totali di cui 29,7 dai Pvs. Insomma, siamo i primi importatori di prodotti agroalimentari. E i termini del confronto non cambiano se si guarda al Giappone.
Intanto, mentre in Europa si discute degli affari agricoli mondiali, in Italia si preme per l'applicazione
della riforma della politica agricola comune. Coldiretti, per esempio, ha chiesto «l'attuazione immediata della riforma della Pac con scelte nazionali che premino direttamente gli imprenditori agricoli». Non si tratta di una richiesta generica. Il 31 luglio, infatti, scadranno i termini per la comunicazione alla Commissione dei tempi e delle modalità di applicazione proprio della riforma della politica agricole comune. Quella di fine mese, quindi, sarà una data in qualche modo cruciale per il prossimo futuro delle imprese agricole italiane. Anche perché la nuova Pac punta proprio ad aiutare la crescita della qualità delle produzioni, la cura del territorio, i comportamenti cosiddetti virtuosi da parte degli imprenditori. Tutto ciò che, fra l'altro, potrebbe aiutare l'Italia e l'Europa a sciogliere i nodi che legano il negoziato del Wto. Accade così ancora una volta che le vicende agricole, anche "locali", siano di fatto toccate e influenzate dai cambiamenti dello scenario internazionale. Una circostanza della quale spesso molti si dimenticano.