Era appena uscito dal liceo Scacchi, a Bari, e si stava dirigendo verso il quartiere della Libertà. Avrà avuto sedici anni, indossava scarpe da ginnastica coi colori talmente accesi da sembrare fosforescenti. Occhi azzurri saraceni. I capelli tagliati cortissimi, in stile Full Metal Jacket, anche se lui al tempo in cui quel film venne girato non era nato e persino i suoi genitori saranno stati giovani. Nella piazza davanti alla stazione ferroviaria gli chiesi un’informazione. Lo feci perché sento di essere a mio agio con i ragazzi di quell’età, ai quali ho insegnato per tutta la vita. Non si limitò a darmela. Disse “seguimi” e così mi guidò fra i palazzi squadrati e massicci sotto un cielo impossibile da descrivere per quanto era bello: una lastra di vetro intarsiato sulla città anarchica e severa al tempo stesso, come una vecchia caserma occupata sul mare. Durante il tragitto pensai a Cassano, il famoso giocatore cresciuto a Bari vecchia, uno dei talenti più puri e cristallini del calcio italiano, minato dal carattere fragile e tagliente e dalle sue origini oscure. Il luogo in cui stavo andando era un’associazione di volontariato. L’adolescente incontrato per caso mi lasciò proprio lì, come se io fossi un parente. A volte mi capita di crederlo con persone sconosciute.
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