«Io? Inseguo un'immagine, nient'altro». Con questa frase, di Gérard de Nerval, Charles Simic (1938), uno dei maggiori poeti di lingua inglese, apre il suo Cacciatore di immagini, il libro con cui ha reso omaggio all'artista Joseph Cornell e alle celebri "scatole" dove assemblava oggetti raccolti negli angoli più disparati di New York, camminando solo, come l'uomo riservato e un po' discosto che era. In uno dei brevi e densi capitoli del libro Simic offre, a proposito delle immagini, qualche precisazione, persuaso che «la gente che cerca significati simbolici è incapace di coglierne la poesia e il mistero». Ci sono, scrive, tre tipi di immagini. Le prime sono quelle che vediamo a occhi aperti, alla maniera dei realisti. Poi ci sono le immagini che vediamo a occhi chiusi: «i poeti romantici, i surrealisti, gli espressionisti e i comuni sognatori le conoscono». Le immagini che Cornell ha messo nelle sue scatole sono però di un terzo genere. Partecipano sia della realtà sia del sogno e chi le guarda è tentato in due direzioni: ammirare l'eleganza della composizione e creare storie intorno a quanto vede. Ma l'occhio e la lingua, aggiunge Simic, non bastano: «solo mescolandosi danno vita alla terza immagine». Illuminante che abbia intitolato questo capitolo: «Lo sguardo che conoscevamo da bambini».