COME L'ACQUA
Stiamo camminando nel tempo della Quaresima che, a suo modo, è simile a un deserto e, quando si vive in una steppa arida, la realtà a cui più si anela è l'acqua, il principio stesso della sopravvivenza. Ho voluto oggi proporre a tutti " anche a chi mi legge e forse si considera non credente " un passo molto suggestivo del Talmud ebraico che celebra la fecondità della parola divina. Sì, abbiamo bisogno di una voce che non sia sempre e solo la nostra, spesso scaduta a chiacchiera vana e vacua, ma che provenga dall'alto, abbia il sigillo dell'immortalità, della solidità, della certezza. Abbiamo bisogno di una parola che non annebbi l'anima, che non la rattrappisca nella paura o nella rigidità dell'insensibilità, ma che la rinfreschi, la rinvigorisca, la rinnovi, la ridesti e la ravvivi.
Ma per accogliere quest'acqua «che zampilla per la vita eterna» " se vogliamo usare una ben nota espressione pronunziata da Gesù davanti al pozzo di Giacobbe " dobbiamo avere un cuore simile a un vaso di terracotta. Ecco, allora, fuor di metafora, un vocabolo che non si usa più ai nostri giorni, anzi, che è fin sbeffeggiato: l'umiltà o, se si vuole, la semplicità. Mi è rimasta sempre nella memoria la frase della preghiera di un autore spirituale che si leggeva ai miei tempi di seminarista, Léonce de Grandmaison (1868-1927): «Santa Maria, Madre di Dio, conservami un cuore di fanciullo, puro e limpido come acqua di sorgente». Un cuore dolce e umile, arduo da custodire con questa semplicità, ma l'unico capace di ospitare una parola eterna e liberatrice.