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Come sta cambiando il nostro modo di informarci online

Gigio Rancilio venerdì 18 ottobre 2019

Che il mondo del giornalismo sia profondamente cambiato con l'avvento del digitale, ormai lo sanno anche i sassi. Sorvoliamo sul fatto che «sapere» non basta per «capire» (e agire di conseguenza) e focalizziamo l'attenzione su uno studio di ComScore che ha analizzato il modo in cui sta cambiando il modo di leggere le news online (qui il report completo). E precisamente come si comportano a riguardo la «Generazione Z» (quella di chi ha tra i 18 e i 22 anni), la «Generazione Y» (tra i 23 e i 38 anni) e la «Generazione X» (tra i 39 e i 54 anni).
Partiamo da un dato in parte consolatorio.
In Italia, in tutte e tre le fasce d'età, l'interesse alla lettura delle news online è decisamente superiore rispetto a quella registrata negli Stati Uniti o in Gran Bretagna. Come sottolinea Fabrizio Angelini, a capo della ricerca, «sussistono però forti differenze a livello generazionale». Precisamente: il 59% dei giovanissimi (18-22 anni) dichiara di leggere news online «solo quando ne ha bisogno» mentre la stessa percentuale di appartenenti alla generazione Y (23-38 anni) si considera «assidua lettrice di notizie»; dato che cresce al 66% nella generazione X (39-54 anni).
Nella fascia 18-22 anni, in Italia, uno su tre sostiene di leggere le notizie «malvolentieri» e uno su cinque trova «stressante la lettura delle news». Più l'età cresce e più diminuiscono un po' fastidio e stress, ma le percentuali restano alte: nella fascia 23-38 anni il 26,8% legge notizie malvolentieri e il 17,1% lo trova stressante. Percentuale che nella fascia 39-54 anni cala come «fastidio» al 21,2% e come «stress» al 13,2%.
Una differenza significativa che emerge dalla ricerca è il diverso utilizzo delle fonti di news digitali: «mentre le generazioni più adulte dichiarano di ricorrere prevalentemente ai siti di news, i social network rappresentano la fonte informativa primaria per i più giovani».
Nel dettaglio: il 50% della Generazione X (39-54 anni) si informa sui siti d'informazione (il 25% lo fa sui social e il 19% sui portali generalisti); anche il 50% degli appartenenti alla Generazione Y, (23-38 anni) si informa sui siti d'informazione, ma il peso dei social sale al 31% mentre quello dei portali generalisti scende al 16%. Completamente diverse le scelte per la Generazione Z (18-22 anni): il 43% si informa sui social e il 35% sui siti d'informazione.
C'è un altro dato, non meno importante. «Quando cercano un'informazione importante, per tutte e tre le generazioni i siti degli editori continuano ad essere la destinazione privilegiata». Emerge anche una trasversale e generale maggiore fiducia «in termini di onestà e accuratezza delle informazioni nei siti di news rispetto ai portali, alle notizie che appaiono sui telefoni cellulari e ai social network». Le notizie locali sono quelle che registrano, in tutte le generazioni, «i più alti tassi di fiducia in termini di onestà e accuratezza, seguite da quelle di natura internazionale e infine da quelle nazionali».
Tra le note dolenti che emergono dallo studio c'è la conferma del fatto che l'80% e oltre di tutte le generazioni (in Italia come all'estero) non fa caso alla fonte, ma clicca sulla prima notizia che trova e non sente il bisogno «di altre verifiche o altre letture di confronto».

Pochissimi sono disposti a pagare per legggere notizie
Nonostante l'informazione resti un valore, la percentuale di chi è sarebbe disposto a pagare per leggere le notizie è marginale. Tra gli under 22 solo il 7% si dice disposto a pagare per informarsi. Percentuale che sale al 10% nella fascia 23-38 anni e al 12% in quella 39-54 anni.

Ecco un altro punto sul quale riflettere. Nonostante i social abbiamo un ruolo importante e per i più giovani addirittura primario per la lettura di notizie «sono relativamente pochi coloro che condividono post con notizie». Nella fascia 18-22 anni lo fa solo il 18%, in quella tra i 23 e i 38 anni il 32% e in quella 39-54 anni il 30%. Quando hanno chiesto ai ragazzi perché loro che più di tutti si informano sui social, condividono così poche notizie, la risposta è stata illuminante. Condividono poche notizie perché temono le discussioni aggressive soprattutto sui temi «sensibili» e il relativo impatto sulle loro «identità digitali». In pratica: non condividono notizie perché ormai troppi le usano come pretesto per litigare e aggredire, e per bollare gli altri come «nemici».