Coltivazioni e vendemmia a rischio con l'ondata di maltempo
I calcoli effettuati dai coltivatori diretti parlano chiaro: ad oggi i danni provocati dalle successive ondate di maltempo nel 2018 ammonterebbero ad oltre mezzo miliardo. E' l'effetto del clima che cambia. Sotto accusa ovviante non sono le consuete piogge, e nemmeno l'alternanza normale fra acqua e secco, ma quelli che i meteorologi definiscono come "eventi estremi": nubifragi, trombe d'aria, fulmini, bombe d'acqua e grandinate, ma anche la siccità eccessiva. Manifestazioni climatiche che, a ben vedere, non sono più da considerare estreme ed eccezionali ma consuete e normali. E che comunque hanno tutte l'effetto di decimare i raccolti, distruggere le coltivazioni, abbattere gli alberi, allagare le aziende ma anche provocare frane, smottamenti e alluvioni. «Siamo di fronte ad una evidente tropicalizzazione del clima che – sottolinea la Coldiretti – si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo ma anche l'arrivo di nuovi insetti alieni particolarmente pericolosi».
Circa la vendemmia – di fatto l'evento agricolo di queste e delle prossime settimane che più colpisce il sentire di tutti noi –, basta pensare che appena qualche giorno fa si era celebrato il suo inizio con grandi speranze e fiducia in un'annata buona dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Oggi, invece, i tecnici del settore hanno già rilevato gli effetti deleteri delle grandinate che un po' dappertutto si sono viste. Una vera strage – solo per citare un caso emblematico –, pare sia avvenuta ai danni delle uve Primitivo in provincia di Taranto dove una bomba d'acqua e vento ha danneggiato il 60% della produzione. Certo ci sono le assicurazioni, che tuttavia non sostituiscono i raccolti.
Potenza della natura, si è detto, ma anche scarsa preveggenza dell'uomo. I coltivatori, e non solo loro, parlano apertamente di un «risultato provocato da un modello di sviluppo sbagliato che negli ultimi 25 anni ha ridotto a meno di 13 milioni di ettari le aree agricole presenti in Italia, a vantaggio dell'abbandono e della cementificazione». Uno sviluppo cieco, che non ha tenuto conto di un territorio nel quale vi sono 7145 comuni complessivamente a rischio frane e alluvioni, l'88,3% del totale.