Col Messiah di Händel la creazione esulta nell'«Hallelujah» pasquale
Tratto da fonti eterogenee (Profeti, Salmi, Vangelo, Lettere apostoliche), il ricco e vario compendio di Sacre Scritture che anima quest'opera dà vita a un trittico che rappresenta idealmente il percorso di redenzione dell'umanità, compiuto attraverso un "personaggio", Gesù, che non viene mai espressamente nominato, nel testo come nel titolo: le tre sezioni in cui il lavoro è appunto suddiviso seguono il progressivo disvelarsi della figura di Cristo e riguardano rispettivamente la sua venuta (Prima Parte), la Passione, Morte e Resurrezione (Seconda Parte) e il suo definitivo ritorno (Terza Parte).
Potendo contare sull'apporto decisivo di un impeccabile quartetto di cantanti solisti (formato dal soprano Carolyn Sampson, dal contralto Catherine Wyn-Rogers, dal tenore Mark Padmore e dal basso Christopher Purves), il direttore inglese Harry Christophers e la formazione corale-strumentale The Sixteen sono arrivati in studio di registrazione dopo una lunga e assidua frequentazione con il capolavoro händeliano, perfettamente "rodati" da un cammino di approfondimento e immedesimazione con la pur minima sfumatura celata tra le pagine del Messiah (tre cd pubblicati dall'etichetta Coro e distribuiti da Jupiter). Ne è così scaturita un'interpretazione che riesce ad assecondare in pieno l'eloquente incisività e l'impatto quasi teatrale dei recitativi, ad approfondire in ogni dettaglio il lirismo interiorizzato e la straordinaria policromia delle arie solistiche, ma soprattutto a sprigionare l'inarrestabile potenza espressiva degli interventi corali, che concentrano tutta la loro forza dirompente nel più famoso Hallelujah della storia della musica: l'esplosione spontanea di gioia ed emozione di fronte alla potenza salvifica del Messia.