Èmolto raro, quando si parla di imprese, accostare al business il valore della "coesione". Eppure nel nuovo mondo post-pandemia in cui ci accingiamo a vivere, le "imprese coesive" saranno quelle che avranno più chances di crescita nella competizione italiana e globale. È questo il messaggio innovativo, supportato da una messe di dati e analisi, che emerge dal rapporto "Coesione è Competizione. Nuove geografie della produzione del valore in Italia", realizzato e presentato ieri da Fondazione Symbola, Intesa San Paolo e Unioncamere. Ma cosa significa per un'impresa essere o diventare coesiva? Vuol dire costruire strategie e percorsi in grado di mettere insieme cittadini, istituzioni, sindacati, Universita e associazioni, nonché tutti gli altri soggetti in grado di produrre "valore sociale". «La coesione, come ha detto il presidente Draghi, è un dovere morale. Ma è anche un formidabile fattore produttivo, in particolare in Italia» ha affermato Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, presentando il rapporto. È proprio questa capacità di collegare il ruolo sociale dell'impresa con le sue performances economiche, partendo dall'idea che la forza di mercato possa essere alimentata anche dall'impatto sociale dell'azienda evoluta e dalla sua presenza nella soluzione dei problemi del territorio, è la chiave di lettura innovativa del rapporto. In questa logica l'analisi rivela, per esempio, che le "imprese coesive" esportano di più (il 58%, contro il 39%delle altre), investono di più in tecnologie e soluzioni green (il 39%, contro il 19% delle non coesive), beneficiano maggiormente degli incentivi all'innovazione previsti dal Piano Transizione 4.0 (il 28%, a fronte dell'11% delle altre). In altri termini, molti indicatori rivelano che le imprese coesive non sono soltanto meglio inserite nelle comunità di appartenenza, ma anche (soprattutto) più preparate e reattive rispetto ai macro-trend globali che stanno cambiando a grande velocità il nostro modo di vivere, di produrre e di consumare. Nell'ambito della stessa analisi emerge un altro dato molto interessante, rivelato dal presidente di IPSOS Nando Pagnoncelli: oggi 2 italiani su 3 sono disposti a riconoscere un prezzo più alto - pari al 10% - ai prodotti e ai servizi delle imprese che dimostrano di avere una visione coesiva. È un'altra "prova" del legame sempre più stretto tra coesione e competizione. Un legame che fa parte del Dna del fare impresa nel nostro Paese e che, oggi, ci posiziona in posizione "naturale" di vantaggio rispetto all'evoluzione del sistema capitalistico. Dobbiamo esserne sempre più consapevoli.