L’Inps inizia il nuovo anno con un aggiornamento del calcolo contributivo delle pensioni. L’operazione si dimostra a favore delle nuove domande, pur distinguendo tra i lavoratori che hanno versato contributi entro il 1995 (contributivo misto) e coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 (contributivo intero). L’Istituto procede rilevando inizialmente la sommatoria dei contributi versati durante la vita lavorativa (rivalutati secondo il Pil), e poi applicando sul risultato, detto “montante”, i “coefficienti di trasformazione”. Si tratta di particolari numeri divisori che trasformano i contributi personali in una pensione, tenendo conto della durata che avrà l’assegno, cioè della vita presumibilmente residua del pensionato. Infatti, a parità di contributi, ogni lavoratore che va in pensione deve ricevere esattamente quanto da lui maturato ma distribuito mensilmente lungo gli anni residui secondo la durata media della vita.
Compete al ministero del Lavoro rilevare periodicamente i coefficienti che corrispondono a questa durata, in modo che tutte le pensioni vengano liquidate equamente con lo stesso criterio. Un recente decreto ha indicato i coefficienti validi per il biennio 2023-2024, che risultano ora più favorevoli dei precedenti perché la mortalità causata dal Covid ha ridotto la durata media della vita. I coefficienti si applicano sull’età del lavoratore all’atto del pensionamento, all’interno di una scaletta che inizia da 57 anni fino al massimo di 71 anni.
L’esperienza sta mostrando che il limite dei 71, cioè l’anno con il coefficiente per l’età più alta di pensionamento, si sta rilevando non equo per quei lavoratori (non sono molti, ma sempre da considerare) che, per vari motivi, chiedono la rendita oltre questa età. In questi casi, qualunque sia la distanza dai 71 anni, l’importo della pensione sarà più basso di quello virtualmente spettante per l’età effettiva. Lo spiega meglio il caso (reale) di una lavoratrice che avendo presentato una domanda oltre gli 80 anni di età ha ricevuto la pensione calcolata col coefficiente 71, più basso di oltre dieci anni. Per paradosso, chi va in pensione all’età della durata media della vita, avrebbe diritto non a una pensione mensile, ma alla contestuale e intera liquidazione del capitale pensionistico rilevato dal coefficiente di trasformazione.
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