Le produzioni agroalimentari e agroindustriali italiane dipendono per oltre il 50% dall'importazione di materie prime vegetali dall'estero. Il dato è importante e deve far pensare. Essere così «dipendenti» dalle importazioni per soddisfare le esigenze alimentari nazionali può essere non solo pericoloso, ma costituisce anche una voce importante di esborso economico oltre che una porta aperta all'entrata di materie prime di qualità dubbia. La quota della nostra produzione alimentare che dipende dall'estero è emersa ieri nel corso del Fascination of Plants Day: un'intera giornata dedicata alla sensibilizzazione sull'importanza delle piante promossa dall'European Plant Science Organization.Al di là degli aspetti culturali del tema, quello della sicurezza alimentare e dell'importanza dei vegetali nell'economia è certamente una delle questioni troppo spesso sottovalutate. Per capire meglio, basta un altro dato. Nei prossimi 30 anni – è stato spiegato – l'agricoltura dovrà produrre più cibo, più fibre e più biomasse per sopperire ai fabbisogni di 9 miliardi di persone. Secondo la Fao, occorre un aumento del 70% della produzione. Un obiettivo che – secondo gli organizzatori dell'evento – «dovrà essere raggiunto in un contesto agricolo globale in cui la disponibilità di nuovi terreni coltivabili e di risorse naturali, soprattutto di acqua, va diminuendo». In questo ambito, anche l'agricoltura italiana dovrà acquisire un'importanza e un'attenzione maggiori di quelle di oggi.Il problema vero è come fare, o, piuttosto, quali strumenti scientifici e tecnologici utilizzare per migliorare la qualità delle produzioni alimentari oltre che la quantità. Dietro la necessità di assicurare gli approvvigionamenti alimentari, c'è, infatti, una delle battaglie di pensiero e di approccio pratico che hanno caratterizzato la società moderna e la sua agricoltura: le modalità di utilizzo della genetica per le produzioni vegetali (e animali). In altre parole, se è vero che sarebbe bene diminuire la dipendenza dalle importazioni alimentari (come spiegano in molti), e alleviare la spesa per l'alimentazione, pari al 19% del bilancio delle famiglie italiane, e che per fare questo è importante investire in ricerca ed innovazione «per aumentare la produttività delle principali colture e per valorizzare le peculiarità e la qualità dei prodotti alla base del successo del 'Made in Italy' agroalimentare», le soluzioni proposte sono diversissime e spesso opposte. E non solo, perché la scelta di quale strada intraprendere per migliorare le produzioni alimentari, si porta dietro visioni del mondo sostanzialmente diverse e in alcuni casi in aperto conflitto.Così, l'agricoltura non è per nulla un settore residuale – né dal punto di vista economico, né da quello ambientale e sociale – anzi, sembra essere sempre di più uno dei comparti a cui prestare grande attenzione soprattutto pensando alla crisi che attanaglia l'industria.