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Gaetano Errico. Chinarsi sugli ultimi per coltivare la speranza

Matteo Liut martedì 29 ottobre 2024
Essere cristiani significa sporcarsi le mani per portare nel mondo la luce dell’amore di Dio. Significa piegarsi sulle ferite degli ultimi per aiutare ad alzarsi e continuare a sperare. Così operò san Gaetano Errico, apostolo nel cuore di Napoli. Era nato a Secondigliano nel 1791, figlio di un maccaronaro e terzo di nove fratelli. Deciso a diventare prete entrò in Seminario, per raggiungere il quale ogni giorno doveva percorrere 16 chilometri a piedi all’andata e altrettanti al ritorno. Venne ordinato sacerdote nel 1815, diventando poi parroco nel suo paese natale. Tra il 1828 e il 1834 fece costruire una chiesa dedicata all’Addolorata accanto alla quale sorse anche la casa per i Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, la congregazione che egli stesso fondò nel 1833. Nel cortile volle anche una mensa per i poveri: un’opera che lui sosteneva con un’intensa vita di preghiera, spendendo molte ore in adorazione davanti al Santissimo Sacramento o nel confessionale. Consigliere spirituale apprezzato da molti, inclusi i vescovi di Napoli e il re Ferdinando, morì nel 1860. È stato canonizzato da Benedetto XVI il 12 ottobre 2008, in piazza San Pietro a Roma. Le sue spoglie si trovano nel Santuario dell’Addolorata, che è annesso alla Casa madre della sua congregazione a Secondigliano. Altri santi. San Zenobio di Sidone, martire (III-IV sec.); beata Chiara Luce Badano, laica (1971-1990). Letture. Romano. Ef 5,21-33; Sal 127; Lc 13,18-21. Ambrosiano. Ap 12,13-13,10; Sal 143 (144); Mc 10,17-22. Bizantino. 1Ts 3,8b-13; Lc 11,34-41. t.me/santoavvenire © riproduzione riservata