Chi si ritiene migliore e si scopre inservibile
Parole di Papa Francesco? No, a scriverle più di venti anni fa è stato Giovanni Paolo II nel suo Messaggio per la Quaresima del 1998. Parole che, mentre indicano un'urgenza del "fare" indisponibile a calcoli di convenienza, sottolineano quello che deve essere l'atteggiamento che deve distinguere il cristiano. E cioè la "povertà in spirito" che, secondo il dettato delle Beatitudini, non deve mai farci sentire superiori a nessuno ma – appunto – spingere ciascuno a riconoscere il fratello come «superiore a se stesso». Un concetto fondamentale perché, come ha sottolineato qualche giorno fa papa Francesco parlando degli apostoli Pietro e Paolo, «il punto di partenza della vita cristiana non è l'essere degni; con quelli che si credevano bravi il Signore ha potuto fare ben poco. Quando ci riteniamo migliori degli altri è l'inizio della fine. Il Signore non compie prodigi con chi si crede giusto, ma con chi sa di essere bisognoso. Non è attratto dalla nostra bravura, non è per questo che ci ama. Egli ci ama così come siamo e cerca gente che non basta a sé stessa, ma è disposta ad aprirgli il cuore. Pietro e Paolo sono stati così, trasparenti davanti a Dio. Hanno compreso che la santità non sta nell'innalzarsi ma nell'abbassarsi: non è una scalata in classifica ma l'affidare ogni giorno la propria povertà al Signore, che compie grandi cose con gli umili. Qual è stato il segreto che li ha fatti andare avanti nelle debolezze? Il perdono del Signore».
In questo tempo in cui l'esercizio della povertà in spirito sembra del tutto fuori moda e tanti, anche credenti, si ergono al rango di "maestri" capaci di insegnare anche al Papa, forse è il caso di fare un esame di coscienza e di chiederci, con Francesco: «Io rinnovo ogni giorno l'incontro con Gesù? Magari siamo dei curiosi di Gesù, ci interessiamo di cose di Chiesa o di notizie religiose. Apriamo siti e giornali e parliamo di cose sacre. Ma così si resta al che cosa dice la gente, ai sondaggi, al passato. A Gesù interessa poco. Non vuole reporter dello spirito, tanto meno cristiani da copertina. Egli cerca testimoni, che ogni giorno Gli dicono: "Signore, tu sei la mia vita"». Sapremo essere noi questi testimoni?