Davanti ar Crocifisso d"una Chiesa/ una candela accesa se strugge da l"amore e da la fede./ Je dà tutta la luce, tutto quanto er calore che possiede,/ senza abbadà se er foco la logora e la riduce a poco a poco./ Chi nun arde non vive./ Com"è bella la fiamma d"un amore che consuma,/ purché la fede resti sempre quella!/ Io guardo e penso. Trema la fiammella, la cera cola e lo stoppino fuma"Forse fuori c"è il fracasso di una città del litorale adriatico affollata di vacanzieri, oppure c"è il placido silenzio della montagna, oppure la via deserta e surriscaldata della Milano estiva. Apri il battente di una chiesa ed ecco, nella penombra, il baluginare dei ceri votivi. Avanzi e in quell"oasi di quiete ti siedi davanti a quelle fiammelle. È questo il quadro che Trilussa, il notissimo poeta romanesco, tratteggia in una delle sue non rarissime poesie religiose o spirituali. Egli sapientemente intreccia amore e fede che sono impastate nella cera di quella candela che lentamente si strugge.E formula quel principio basilare della vita autentica, non solo spirituale: «Chi non arde, non vive». Per essere luce e calore bisogna consumarsi. Se invece ci si vuole conservare, magari si campa a lungo, si riesce ad accumulare un bel bottino di cose e di denari, ma si rimane come una pietra fredda, un cero bianco e spento, un seme avvizzito. La legge evangelica del perdere per trovare, del dare per essere felici, della morte per la vita è ardua da abbracciare, eppure è l"unica che permette anche a noi di avere una vita trasfigurata. Come quella del Cristo della Trasfigurazione, splendido nella sua luce che squarcia il gelo e la tenebra.