Che fine hanno fatto i romanzi d'avventura di una volta?
Henry Rider Haggard
(1865-1925), funzionario ministeriale inglese nato nel Transvaal, che mi avevano entusiasmato, nelle vecchie edizioni popolari della Sonzogno, quando avevo la loro età. La ricerca non è facile, anche se di uno dei due, Lei o La donna eterna, ci sono state una bella edizione Bompiani
molti anni fa nella bellissima ed eccitante collana del “Pesanervi” di letteratura fantastica avventurosa bizzarra, e più di recente una della Sellerio. Nel Pesanervi comparvero opere di Artaud, di Beckford, Il monaco di Lewis, Il Golem di Meyrinck, e perfino un Julien Gracq (Al castello di Argol) con la mia prefazione. Qualcuno ancora li legge? Si tratta di due gioielli tra i racconti di esplorazione che nel tardo Ottocento hanno entusiasmato lettori e sollecitato il paragone tra Rider Haggard e addirittura Stevenson e soprattutto Kipling, non soltanto per via delle ambientazioni coloniali. Li considero, come tanti li hanno considerati, tra i più grandi romanzi d'avventura mai scritti, al di sotto soltanto di quelli di Stevenson e di Kipling ma forse migliori di quelli di Verne e di Salgari. Sono Le miniere di re Salomone, da cui vennero tratti molti film sul tema classico della ricerca africana dell'oro o di qualche amico scomparso, e che ebbe dei seguiti con le avventure del suo coraggioso e aitante protagonista Allan Quatermain, e soprattutto Lei (She), anch'esso più volte portato sullo schermo, ma che aveva due eroi, il giovane Leo, bello e forte, e il suo “aio” e protettore Holly, brutto e malmesso ma sapiente e saggio. Una strana coppia immersa in una strana avventura. Questi due romanzi fecero sognare più generazioni di adolescenti, comunicando loro il fascino dell'Africa e, La donna eterna, introducendoli al mistero dell'eros e dell'“eterno femminino”. Leo e Holly scoprono infatti, cercando altro, un “mondo perduto” (altro tema classico della letteratura avventurosa del secondo Ottocento), la sopravvivenza di un'epoca lontanissima, un paese nascosto e fuori del tempo, una civiltà su cui domina “Lei”, la donna eterna, una vera e propria Dea di cui Leo si innamora, ricambiato, di un amore impossibile, poiché “Lei” deve pensare anzitutto al suo popolo, alla conservazione di una civiltà sopravvissuta nei secoli. Su questo romanzo e su questo ritorno al mito ha scritto pagine sorprendenti nientemeno che Carl Gustav Jung, identificando Lei con l'Anima... E si capisce perché questo romanzo suscitasse nel ragazzo che lo leggeva emozioni che andavano ben oltre quelle del normale romanzo d'avventura.