Ucraina. Che cosa fare sui social durante questa guerra
«A volte, davanti ad eventi così drammatici, vale la pena di prendersi una pausa dai social». La conclusione degli esperti del Massachusetts Institute of Technology a prima vista sembra un controsenso.
Com'è possibile che nel momento in cui abbiamo più bisogno di notizie per capire cosa sta accadendo, dovremmo staccare dai social? Tanto più che in questi giorni i social hanno ospitato anche cose molto positive come dirette sul campo, richieste di collaborazione, offerte di aiuti di ogni tipo e tanta contro informazione.
Però gli esperti del Mit non hanno torto perché, quando accadono eventi simili, una parte di noi cade vittima dell'impulso (incontrollabile) di continuare a cercare in maniera un po' compulsiva notizie e contenuti social. Non è una scelta che facciamo consciamente, ma è figlia di un bias cognitivo che ci spinge a cercare in maniera spasmodica informazioni, perché crediamo che solo così riusciremo a dare un senso a quello che sta succedendo e calmeremo la rabbia, la frustrazione e la tristezza che si moltiplicano dentro di noi. In realtà, secondo gli esperti, così facendo otteniamo esattamente l'effetto opposto: aumentiamo la nostra confusione, la nostra rabbia e la nostra frustrazione.
C'è un altro aspetto non meno importante. Ed è che cosa noi stessi in periodi così delicati pubblichiamo sui social. Ad alcuni, per esempio, viene spontaneo cercare di essere i primi a postare una notizia o una testimonianza e la fretta di farlo fa venire meno qualunque verifica. Col risultato che, a volte, diventiamo ignari complici della disinformazione. Che cosa possiamo fare quindi per comportaci in maniera corretta? Partiamo da un punto importante: «Le persone spesso pensano che poiché non sono influencer, non sono politici, non sono giornalisti, quello che fanno online non ha importanza». Invece pesa, eccome. «Persino la condivisione di informazioni dubbie con una ristretta cerchia di amici digitali crea un danno». Anche interagire con un post che sappiamo sbagliato (magari solo per stigmatizzarlo) ne aumenta la diffusione. «La cosa giusta da fare non è criticarlo sui social ma segnalarlo alla piattaforma in cui lo hai visto perché venga fermato».
È sconsigliato anche rilanciare tutto ciò che sembra provenire dal terreno di scontro. «Prima di condividerlo, chiediti: sono attrezzato per analizzare video e foto da fonti e in una lingua che non conosco?». Per esempio, su TikTok in questi giorni sono nati profili che ospitano dirette video "dall'Ucraina" (ma non tutte arrivano da lì) dove vengono chiesti aiuti economici. E visto che il social permette donazioni dirette via PayPal ai profili degli utenti molti hanno inviato denaro senza nemmeno sapere bene a chi andava. Peccato che molti di questi profili fossero truffaldini.
Non abbattetevi. Secondo gli esperti del Mit, un'altra cosa importante in momenti come questo è ricordarci che «ogni cosa che facciamo sui social ha sempre delle conseguenze». Per fortuna, c'è qualcosa di buono che possiamo fare tutti: «Rilanciare fonti affidabili. Rilanciare cose utili. Rilanciare il bene». Può sembrare poco, ma vale tantissimo.
Se poi vi sentite comunque sopraffatti da questo mare digitale, c'è sempre il primo consiglio: «Prendetevi una pausa dai social».