Che cos'era la notte
Cominciavamo il Rosario mentre una falce di luna in cielo impallidiva. Allora nel silenzio e nel buio da una cascina si alzava il canto di un gallo, aspro. Era un segnale. Pochi secondi dopo un altro gallo, e un altro ancora. E in quell'istante, a Est, il primo chiarore dell'aurora.
Mi commuoveva il canto del gallo, come la fine di una battaglia. Andando per sentieri nei boschi, senza luce se non una torcia, capivo per la prima volta che cos'erano le notti di un tempo: e come col calare del sole i viandanti si rifugiassero in locande e stalle, al sicuro. Forse i messi degli imperatori, sui loro destrieri orgogliosi, nell'argento della luna piena cavalcavano anche nella notte, impavidi? Ma era l'ora dei briganti la notte, e, nella fantasia del popolo, di streghe, capaci di maligni incantesimi. Allora il gallo cacciava gli incubi, e il sole ridava al mondo fattezze benigne.
Ci siamo dimenticati, noi, di cos'era la notte, e del canto del gallo. In campagna, da vecchia, vorrò un gallo. Che mi commuova, con la sua voce aspra, ogni mattina.