Da quanti anni, decenni, ere geologiche ci tocca leggere che i vescovi o la Chiesa «scomunicano» qualcuno o qualcosa? O al contrario «benedicono»? Uno sforzo di fantasia: mai. “Verità” (24/5): «La Cei benedice tende e ius culturae», anche se nessun prevosto è stato visto girare per gli accampamenti con secchiello e chierichetto, è solo una metafora. “Libero” (24/5): «I vescovi scomunicano la Schlein» e qui la cosa si fa seria perché, da dove si trova, Federico Barbarossa pare sia ancora convinto che l’unico vero scomunicato degno di un titolo sia lui, e chi sarebbe poi questa Schlein, una badessa intraprendente? E che gliene importerà a Elly di essere esclusa dalla comunione ecclesiale e dai sacramenti? Ma certi titoli non van presi alla lettera, servono solo a impressionare. I quotidiani di sinistra, forse per un rigurgito di sobrietà, vanno sul liscio. “Domani” (24/5): «Zuppi con i giovani»; “Stampa”: «Zuppi con gli studenti», senza particolari benedizioni. Ma quanto è difficile raccontare “i giovani” per chi li considera categoria omogenea e non galassia mutevole. Sul “Corriere” (25/5) Paolo Giordano invita: «L’Italia ascolti le proteste dei suoi ragazzi». Sulla “Repubblica” (25/5) Anna Lombardi riporta una ricerca americana: «Usa, allarme sui social. “Danni alla salute mentale dei ragazzi più giovani”». E su “Domani” (25/5) Maria Toninelli denuncia: «Il racconto bugiardo sui giovani italiani. Così la politica svilisce chi sogna (e lotta)».
Sono anche i giorni delle interviste fotocopia. Come quelle a Marco Santacatterina, studente universitario vicentino che nei weekend guadagna qualche spicciolo consegnando pizze a domicilio. S’è messo in testa di prendersi due giorni per fare il volontario in Romagna e il titolare della pizzeria gli ha dato dell’imbecille licenziandolo. Marco, nelle due interviste speculari di Enrico Ferro sulla “Repubblica” (26/5) e di Cesare Nicoli sulla “Stampa” (26/5), esibisce un notevole aplomb. Interviste che più uguali non si può su quotidiani cugini: fossimo in classe, il prof direbbe che hanno copiato, non si sa chi da chi, forse erano lì insieme e hanno scritto sotto dettatura. Copiare è un’arte: andrebbe ricordato al “Giornale” (24/5) che in un sommario scrive «Missori». Trattasi in realtà di Vittorio Messori con la “e”. Conoscendolo, avrà sorriso.
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