CharlieTra accanimento e abbandono terapeutico, la terza via della solidarietà
In primo luogo, la Corte europea, nel motivare le ragioni che la inducono a reputare fondate le decisioni dei giudici britannici contrarie alle richieste dei genitori del bimbo, premette di considerare appropriato che, in caso di contrasto tra medici e genitori sulle cure da somministrare al bambino, i primi si rivolgano al giudice perché lo risolva. Viene da chiedersi se e in quali limiti la premessa valga anche per la decisione sul luogo dell'assistenza sanitaria: si consideri che, grazie alla straordinaria raccolta fondi promossa dai coniugi Gard, l'eventuale trasferimento di Charlie negli Usa o all'ospedale Bambino Gesù avverrebbe senza oneri per la collettività (un trasferimento che, stando al giudice britannico di primo grado "sarebbe problematico, ma possibile"). La risposta della Corte, secondo la quale i giudici britannici avrebbero correttamente autorizzato l'ospedale a sospendere il sostegno vitale in quanto una sua prosecuzione creerebbe sofferenza al bambino senza che vi siano speranze di miglioramento (e avrebbero ragionato analogamente sul trasferimento negli Usa per un pioneering treatment), appare debole perché trascura di bilanciare tali considerazioni (per giunta espresse in quelle decisioni con espressioni dubitative: "potrebbe causare dolore", "è probabile che comporti sofferenza") con i valori in discussione.
Secondo, la Corte europea sembra sottovalutare la necessità di fare i conti, a proposito dei best interests dei minori, con il rispetto della responsabilità genitoriale, profilo importante di quel rispetto della vita privata e familiare che la Corte spesso interpreta estensivamente e che, in questo caso, resta sullo sfondo. Tra accanimento e abbandono terapeutico, la terza via della solidarietà, così compostamente fatta presente dai responsabili dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, può costituire la soluzione più degna, dunque più umana