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Charité e la microfinanza per le donne del Togo

Antonella Mariani giovedì 22 luglio 2021

«In Togo è come in tutto il mondo: quando sei povera nessuno ti vede. Nessuno sa chi sei e i tuoi figli soffriranno». Madame Charité invia ad Avvenire messaggi audio in risposta alle domande: il suo francese è colorito, intenso, un po' strascicato. Dalle parole e dalla voce di questa donna di 63 anni traspare l'orgoglio di chi, povera e abbandonata dal marito, si è rimessa in piedi, è diventata artefice del proprio destino e di quello di altre centinaia come lei.

Madame Charité Attikèp Ame oggi coordina una rete di 105 cooperative che impiegano oltre 1.200 donne: piccole attività di trasformazione di soia e pomodori, raccolta di riso, di vendita di pane e di vestiti. Il meccanismo è quello della microfinanza: ciascuna versa i suoi risparmi settimanali nelle cassette «chiuse da tre lucchetti», sparse in diversi villaggi rurali del piccolo Paese dell'Africa occidentale, stretto tra Benin e Ghana. Piccole somme, accuratamente registrate nei rispettivi libretti di risparmio, che possono variare dai 500 ai 5mila franchi (da 76 centesimi a 7,60 euro). Periodicamente, chi ha versato i risparmi riceve piccole somme per le necessità personali o prestiti per rinforzare la propria attività. «Molte qui in Togo non hanno il certificato di nascita – continua a raccontare madame Charité – e quindi non possono accedere alla microfinanza ufficiale. È per loro che abbiamo creato queste casse. C'è molta onestà, tutte rimborsano correttamente, tante hanno creato piccole imprese che producono reddito e grazie al proprio lavoro riescono a sfamare i figli e a pagare le rette scolastiche».

Proprio come è accaduto a lei, trent'anni fa, quando il marito l'ha abbandonata per sposare un'altra donna, portando con sé i tre figli bambini. «Sono rimasta da sola. Che altro potevo fare se non tornare dai miei genitori? Ho fatto piccoli commerci, avevo del bestiame e un po' di terra. Portavo da mangiare ai miei bambini, li ho sostenuti come potevo. Poi, vent'anni fa, ho iniziato a costituire gruppi di mutuo risparmio, con donne che si occupavano di piccoli commerci, agricoltura e giardinaggio. Pian piano siamo cresciute, e vogliamo continuare a farlo». Il suo villaggio è nella regione del Plateux, a 100 chilometri e 2 ore di auto dalla capitale Lomé, la più ricca e fertile del Togo ma anche quella in cui il tasso di analfabetismo è del 50% e tra le donne del 70%. Lavorando sodo notte e giorno, madame Charité ha potuto garantire a ciascuno dei figli, oggi adulti, un futuro.

Per il suo impegno ha ricevuto vari premi in Togo e oggi presiede con piglio deciso l'Unione delle donne rurali togolesi, dal 2018 sostenuta in alcuni suoi progetti di imprenditoria femminile anche dall'Italia, dal Credito cooperativo, attraverso Federcasse. Il patriarcato in Africa è duro a morire, ma madame Charité vede con favore il fatto che alla sua Union si siano iscritti anche decine di uomini. Una parte di ciò che viene messo da parte dagli aderenti viene investito in formazione: corsi di alfabetizzazione per le bambine, per donne che diventeranno giudici popolari.

«Oggi sono autonoma economicamente, mi sento rispettata e libera e fiera di me stessa. Le persone di me non pensano più: poverina, è stata abbandonata dal marito. Oggi dicono: questa donna ha sofferto, ma ce l'ha fatta. E prima di infastidirmi ci pensano bene. Il mio progetto per il futuro? È allargare la nostra associazione, trovare fondi per aiutare altre donne, creare opportunità soprattutto per le giovani nelle zone rurali. Molte di loro vanno in città a prostituirsi, noi vogliamo dar loro un futuro diverso».