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Chailly e l'orchestra Gewandhaus: una Passione di Bach davvero unica

Andrea Milanesi domenica 1 agosto 2010
Quando nel 2005 Riccardo Chailly ha assunto la direzione della Gewandhaus Orchester di Lipsia, antica e prestigiosa istituzione musicale tedesca che vanta il più ampio organico d'Europa (185 strumentisti), ha dichiarato: «Si tratta di un'orchestra dal suono inconfondibile, legato alla grande tradizione romantica dei vari Mendelssohn e Schumann, ma anche da una storia secolare, che risale fino al 1743, quando a guidarla era Johann Sebastian Bach. Il passato fornisce sempre una traccia imprescindibile, una matrice di partenza che non si può ignorare; si deve però guardare avanti con la forza e il coraggio di non replicare, ma di studiare e conoscere per ripartire da lì, come da un foglio bianco».
Senza mai venire meno ai principi fondanti di questa sua convinzione, il maestro milanese ha ora fissato su disco una delle pietre miliari della produzione sacra del Thomaskantor lipsiense: quella Passione secondo Matteo che, dopo un lunga frequentazione nelle sale da concerto, ha scelto di incidere alla testa appunto dell'Orchestra del Gewandhaus e delle blasonate formazioni vocali del Thomanerchor Leipzig e dei Tölzer Knabenchor.
Il suono non è quello asciutto e tagliente degli strumenti originali, ma dalla lezione ormai pluridecennale derivata dallo studio delle antiche prassi esecutive Chailly ha saputo cogliere lo spirito maggiormente vicino alla propria sensibilità di interprete. Questa lettura si avvicina dunque all'approccio di una grandiosa messinscena che asseconda i più disparati registri teatrali: alla drammaticità quasi gestuale degli interventi corali (fisicamente tangibile negli incalzanti squarci accordali affidati alle turbae) fanno eco l'universo espressivo ricco di contrasti, dissonanze e modulazioni dei recitativi (a cui spetta la narrazione evangelica) insieme con gli accenti maggiormente composti e meditativi delle arie solistiche, in una prospettiva geometricamente perfetta che accentua i caratteri di spettacolarità e coinvolgimento della partitura, «muovendo gli affetti» verso un'autentica com-passione emotiva che sembra non conoscere le categorie di spazio e tempo; perché la storia di peccato e resurrezione raccontata da Bach nella Matthäus-Passion alla fine coincide con quella dell'intera umanità.