Cecco era un altro ospite della nostra domenicale Jasnaja Poljana, il più silenzioso e fedele. A lui capitò di andare fuori da un cancello del consorzio agrario, dove cadeva qualche chicco di granaglia dai carri in transito, per raccoglierla. Detto fatto, Cecco venne arrestato e, quale ladro patentato, di galera ne fece un po'. Cecco non accettò mai quell'orrore inflitto al suo naturalissimo candore. Da allora tornò ogni giorno alla nostra casa campagnola, lì si respirava. Sapeva bene che i veri malfattori sono rispettosamente riveriti; da noi, oltre a qualche uovo, frutto e ortaggio non poteva ottenere ma lui voleva starsene fuori da quella roba vivente che aveva conosciuto fin troppo bene. Ogni volta che vedo le riproduzioni de «I mangiatori di patate» di Van Gogh, penso a lui, con un affetto incontenibile. La nostra casa aveva anche un boschetto, accidentato e popolato da grosse robinie e pioppi, piante oggi considerate infestanti ma per Cecco furono provvidenziali. Lì nel folto, come un Robinson Crosue, si costruì una capanna e vi si stabilì. Si regolava con le campane che, lungo l'acqua del Lambro, gli portavano il lamento e la festa del bronzo: Walden o la vita nei boschi, di Henry David Thoreau, io l'ho conosciuto lì, con mio fratello Carlo, mamma e papà.