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Cdp, quando gli investimenti non sono sempre azzeccati

Andrea Giacobino sabato 28 maggio 2016
Un "assist" per l'economia italiana che vale 4,5 miliardi. A tanto ammonta l'impegno che la Cassa Depositi e Prestiti, sotto la nuova presidenza di Claudio Costamagna e la guida di Fabio Gallia, s'è presa per quest'anno nei confronti del "sistema Italia". Una bella notizia di per sé, se si coniuga al fatto che il piano industriale 2016-2020 redatto dal ticket Costamagna-Gallia prevede di destinare al paese ben 160 miliardi da qui alla fine del periodo. Da dove arrivano i soldi alla Cdp? Il 78% della raccolta di denari giunge dal risparmio postale, comprensivo di libretti e buoni fruttiferi, per uno stock complessivo che a fine del 2015 valeva la bellezza di 252 miliardi. Costamagna e Gallia sono seduti sopra un tesoro fatto dal risparmio di tanti italiani perlopiù appartenenti alla fascia bassa e media della popolazione, che mette i soldi alle Poste perché non può permettersi un consulente finanziario. I libretti postali valgono 118,7 miliardi e i buoni fruttiferi, valutati al costo ammortizzati, sono una fetta di 133,3 miliardi.Una bella responsabilità per i vertici della Cassa, anzitutto verso quei risparmiatori italiani e non solo nei confronti dell'azionista Ministero dell'Economia e delle Finanze (Mef) e delle diverse fondazioni bancarie socie. Il 2015 di Cdp, però, non è stato brillante: l'utile è crollato a 893 milioni dagli oltre 2,1 miliardi dell'anno prima. Il profitto è sceso perché i tassi d'interesse calano, ma poi la Cassa ha dovuto svalutare alcune partecipazioni, cioè quello in cui ha investito e che oggi vale meno: 145 milioni sul 100% di Fintecna e 63 milioni sulla Cdp Immobiliare. Nel portafoglio di Costamagna e Gallia, che vale oltre 28 miliardi, c'è un po' di tutto: il 25% di Eni, il 100% di Sace, il 30% di Snam, la citata Fintecna e la Cdp Equity che investe in tante cose tra cui il 12,5% di Saipem, ma anche una piccola azienda come Trevi o gli alberghi di Rocco Forte. Sono tutti investimenti azzeccati? Un caso su tutti: nel 2015 Eni ha distribuito a Cdp un dividendo inferiore di 140 milioni rispetto all'anno prima e Trevi in un anno ha perso in borsa il 33%.Ora Costamagna e Gallia hanno preso dal Mef il 35% di Poste Italiane. Che, quotata nell'autunno scorso, in borsa ha avuto finora un encefalogramma piatto. L'operazione, che consentirà al ministero di avviare il collocamento sul mercato del restante 29,7% (deprimendo ulteriormente il titolo Poste), non comporta, secondo il Mef, l'obbligo da parte di Cdp di lanciare un'opa sul restante del capitale di Poste, anche se la Cassa ne diventerà di fatto l'azionista di riferimento. I tanti piccoli soci di Poste sono serviti e restano a bocca asciutta. E i correntisti postali, che rappresentano quasi il 15% del risparmio delle famiglie italiane? Devono solo sperare che il nuovo investimento della Cassa sia più azzeccato dei precedenti.