«Da vicino nessuno è normale» dice la traduzione di un verso di una canzone brasiliana di Caetano Veloso. Di certo Franco Basaglia, il padre della Legge 180 che chiuse i manicomi, ripeteva spesso che «Visto da vicino nessuno è normale». Anche Paola Severini Melograni ha inserito il modo di dire nel titolo del suo programma e del suo format sulla disabilità O anche no. Da vicino nessuno è normale. Il che vuol dire che il bravo Alessandro Cattelan arriva quantomeno quarto intitolando allo stesso modo, Da vicino nessuno è normale, il suo show del lunedì, per tre settimane in prima serata su Rai 2. Rispetto agli altri, il senso del suo titolo è per così dire meno pregnante in quanto fa riferimento alle nostre stranezze, ovvero alle piccole e grandi manie di ciascuno di noi per costruirci, almeno nell’intento degli autori (Cattelan con Federico Giunta, Carlo Crocchiolo, Fabrizio Montagner, Luca Restivo, Ugo Ripamonti e il regista Cristian Biondani), uno spettacolo di musica e giochi coinvolgendo un pubblico diviso tra l’interno del teatro milanese “Franco Parenti” e un esterno a bordo piscina. Agli spettatori che si sono prenotati per assistere allo show è stato proposto un questionario (senza specificare l’uso che ne sarebbe stato fatto) su paure e ossessioni, su cosa piace e cosa no. È così che a loro insaputa gli spettatori, con le loro fissazioni, sono diventati in qualche modo (insieme agli ospiti: cantanti, attori e sportivi) i protagonisti della serata coinvolti in giochi ed esibizioni che ricordavano programmi di karaoke e di candid camera. In ogni caso, il vero protagonista è stato come sempre Cattelan, capace di garantire, se non sempre la qualità delle ospitate (vedi il trio Adani, Cassano, Ventola), almeno ritmi televisivi elevati anche in una situazione molto diversa da quella a lui più congeniale del late night show rivisitato all’italiana.
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