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Caso Viareggio e desiderio di sicurezza: fermiamo la folle corsa alla vendetta

Andrea Lavazza venerdì 13 settembre 2024

L'auto investitrice ripresa da una telecamera di sorveglianza

Caro Avvenire,

prima lo scippo, lui scappa, ma lei lo insegue con un Suv. Lo raggiunge, lo punta e lo “giustizia”. Scippo e borseggio sono reati minori, ma, se non puniti, portano a reati più gravi. La Giustizia non serve a soddisfare il sentimento di giustizia di ciascuno, ma ad impedire che ci scanniamo a vicenda. Trascurare reati minori, dando una sensazione di impunità, crea rabbia sociale che può portare a questi eccessi.

Enrico Folli, Solarolo (Ra)

Caro Avvenire,

da cittadino di questo Paese sono rimasto colpito dalla tragedia accaduta a Viareggio. Stiamo toccando con mano come certi cittadini non si sentono più tutelati. La vita è sacra, la disumanità qui è arrivata senza attenuanti. Ma ci vogliono più provvedimenti e controllo del territorio.
Massimo Aurioso, Piombino (Li)

Cari lettori, non sono sorpreso dai vostri commenti, rappresentativi dei molti che circolano in queste ore sui social media, ma resto, permettetemi, agghiacciato e preoccupato dal clima di barbara giustizia fai-da-te che rischia di prevalere in merito a questa e ad altre vicende analoghe. Bisogna raccontare la storia per intero se si vuole comprendere di che cosa stiamo parlando. Un 47enne apre la portiera dell’auto di un’imprenditrice 65enne che ha appena concluso una cena con le amiche in un ristorante di Viareggio. La minaccia verbalmente e le sottrae la borsa dal sedile. Lei ha la prontezza di inseguirlo in automobile e, quando lo individua, lo schiaccia contro una vetrina, fa marcia indietro e ripete altre due volte la manovra. Dopo di che travolge l’uomo a terra, scende, recupera la borsetta e torna a casa senza preoccuparsi delle condizioni dell’individuo investito, che morirà poco dopo. Questo è impresso chiaramente nel filmato di una telecamera del negozio. Nessuna denuncia o segnalazione alle autorità nemmeno in seguito. La mattina successiva le forze dell’ordine arrestano la donna, Cinzia Del Pino, con l’accusa di omicidio volontario. “Mi ha minacciata con un coltello”, la giustificazione tardiva, ma l’arma non si trova. Intanto, la vittima viene identificata come Said Mailkoun, forse di nazionalità marocchina, già destinatario di un provvedimento di espulsione e responsabile di vari reati minori.

Poteva essere Benladen redivivo ma la signora non era in grado di saperlo e, comunque, sembra ci siano davvero poche attenuanti per un delitto così brutale a fronte di un oggetto che poteva venire recuperato avvisando le forze dell’ordine. Quando anche il vicepremier Matteo Salvini - spiace chiamarlo spesso in causa ma il suo ruolo impedisce di ignorarlo - dice insieme ad altri esponenti leghisti che lo scippatore se l’è cercata: «Se il morto non fosse stato delinquente non sarebbe finita così», allora è difficile fare muro alla valanga di attestati di solidarietà all’imputata (innocente fino a sentenza definitiva), di richieste di scusanti per lei e di pugno duro per chi delinque. Queste voci, in definitiva, non sono che un impietoso sì alla pena capitale, decisa ed eseguita da chi ritiene di avere subito un torto, nemmeno dallo Stato dopo un giusto processo.

In alcune zone si registrano più reati della media, alcuni immigrati irregolari stazionano intorno ai luoghi dove possono sperare di guadagnare qualcosa illecitamente? Sono circostanze, cari Folli e Aurisio (vi so più ragionevoli di tanti giustizieri da tastiera), che possono avere creato tensioni anche a Viareggio, ma non siamo nei quartieri di Port-au-Prince assediati dalle bande criminali haitiane dolorosamente qui raccontati da Lucia Capuzzi. Come possiamo inneggiare alla vendetta o fare di una donna che forse si pentirà presto di avere stroncato una vita e rovinato la propria un’eroina dei nostri tempi? Piuttosto che aizzare i peggiori istinti, potremmo ragionare di carceri capaci di percorsi riabilitativi dove persone (dico: persone, senza introdurre razzismi e diversi gradi di umanità) che hanno sbagliato, siano italiane o straniere, abbiano l’opportunità di scontare la pena e ripartire. Se non ne hanno intenzione, dovranno trovare un’adeguata, ulteriore sanzione. Che non può mai essere quella della ritorsione illegale e sproporzionata. Porgere l’altra guancia è il precetto cristiano per ciascuno. Che può tradursi in giustizia organizzata nelle istituzioni e persino in legittima difesa. Guai, però, a dimenticarsi del fratello che c’è in chiunque incontriamo.