Caso Sangiuliano, le scuse mancate e il vero punto su tecnologie e privacy
Caro Avvenire,
se fare cultura è il comportamento dell’ex ministro, c'è poco da dire. Semmai da vergognarsi. Lo stile ed il peso politico di De Gasperi o Moro, finanche di Togliatti, non hanno confronto. Non credo che gli attuali stiano facendo la Storia, semmai una scadente. Una questione di stile, si fa per dire.
Sergio Bazerla
Caro Avvenire,
sono alquanto meravigliato dell'articolo di Marco Iasevoli sul caso dell’ex ministro Sangiuliano. Non si può giudicare un ministro per i suoi comportamenti sentimentali o sessuali. Io non giudico un comportamento che riguarda la sfera privata (il paragone con Moro è alquanto fuori luogo, altrimenti dovremmo mettere al bando la maggior parte dei politici, di destra e di sinistra). Si guardino invece i risultati dell'azione di governo.
Vittorio Carnacina
Cari lettori,
il caso Sangiuliano-Boccia ha suscitato un interesse eccessivo rispetto ad altri fatti e temi d’attualità che hanno indubbiamente maggiore importanza. Ma per l’enfasi ricevuta vi sono motivi comprensibili, a partire dalla innata curiosità umana verso le vicende legate agli affetti e al potere. Non è solo questo, ovviamente. La politica c’entra, nei termini che hanno ricordato egregiamente Marco Iasevoli e Danilo Paolini nei loro commenti. E sui quali non tornerò. L’ormai ex ministro della Cultura si è dimostrato inadeguato al ruolo per il modo in cui ha cercato di affrontare la bufera che l’ha investito e che egli stesso aveva messo in moto, con le promesse poi non mantenute alla consulente Maria Rosaria Boccia con la quale aveva avviato una relazione. Una volta uscito di scena, però, sono restio nell’infierire ulteriormente (non senza avere ricordato che in questa rubrica l’avevamo sollecitato a un maggiore impegno per ricordare gli anniversari di quel gigante della cultura che è Tommaso d’Aquino: la sua risposta fu pronta ma senza effetti pratici. Confidiamo che possa rimediare il suo successore Alessandro Giuli).
Sangiuliano non vivrà ora un bel periodo. E avrà tempo di ripensare agli errori, l’ultimo dei quali è stato non avere chiesto scusa – oltre alla moglie e alla premier – a tutti gli italiani, per la brutta figura provocata al Paese alla vigilia del G7. Detto questo, la riflessione di più lunga durata che andrebbe promossa alla luce del feuilleton di questi giorni riguarda i nuovi strumenti tecnologici e di comunicazione attualmente disponibili e facilmente utilizzabili da chiunque. Mi colpiscono i vostri riferimenti “bipartisan” ad Aldo Moro, cari Bazerla e Carnacina: parliamo di una personalità e di uno statista che rappresenta un esempio inarrivabile per la gran parte dei politici di tante stagioni, quasi una figura Christi per il suo martirio da parte delle Brigate Rosse. Nel 1978, tuttavia, molte cose erano diverse. Stiamo, dunque, all’oggi.
Ogni uscita pubblica o privata di un rappresentante delle istituzioni è, o può essere tracciata, con diversi mezzi; i suoi accompagnatori individuati; le telefonate registrate; i luoghi ad accesso limitato filmati con minitelecamere; il tutto archiviato digitalmente e rimesso sulla Rete in tempo reale a beneficio di qualsiasi utente. Viene in mente il futuro distopico raccontato da Dave Eggers nel romanzo Il Cerchio (poi anche un film con Emma Watson e Tom Hanks). Una amministratrice fa propri gli ideali di trasparenza assoluta propugnati dal gruppo monopolista dei social media e si mette al collo una telecamera che trasmette in diretta sul suo sito tutto quello che fa, compresi incontri e colloqui (in precedenza) riservati. Nessun segreto, tutto alla luce del sole: guardino e decidano gli elettori. La tentazione di assentire di fronte a qualche scandalo o qualche mistero insoluto per decenni sorge, inutile negarlo.
Dall’altra parte, mettiamo – giustamente – sempre più enfasi sulla privacy, sul diritto di non essere esposti al controllo di altri. Questa doppia spinta – alimentata dai rapidissimi avanzamenti tecnici – dovrebbe essere al centro del dibattito. Non è un caso che pochissimi (o forse nessuno) abbiano ricordato il breve spot di Meta ed Essilor/Luxottica andato in onda due anni fa: cominciava dicendo: «Ecco la guida agli occhiali smart: gli occhiali smart sono dotati di una fotocamera...». Una persona chiedeva: «Come facciamo a sapere quando sono in funzione?». La voce fuori campo rispondeva: «Vedrete una luce led proprio qui», e il primo piano sul disegno degli occhiali mostrava il punto esatto. L’innovazione era tale da richiedere un avviso preventivo. Niente ne è seguito. Ecco quello che il caso Sangiuliano ci potrebbe portare in positivo. Una discussione approfondita sugli obblighi e i confini della pubblicità da dare ai comportamenti degli esponenti politici e sull’uso di dispositivi avanzati le cui potenzialità e i cui effetti non sono ancora ben compresi né adeguatamente valutati.