«Se non avessi fatto il prete avrei fatto il cameriere». L'affermazione, che ho ritrovato in un testo di qualche anno fa è di don Giussani, che spiega: «Il cameriere è una posizione di servizio alla singola persona, non a un'umanità generica». Ora questa riflessione mi è venuta in mente dopo una sosta non proprio felice in un ristorante alla moda di Roma dove, a fronte di una spesa un po' impegnativa, mi sono sentito un numero, inserito dentro un servizio meccanico che andava dal consumo alla cassa. Ma sempre don Giussani diceva: «Non si possono trattare le persone come pezzi di batteria... perché la persona è un singolo, non è parte di un'immagine collettiva e la pazienza si esercita sul singolo, non su cento. Su cento si domina, ma il singolo si serve». Da qui la metafora del cameriere che viene da applicare alla politica, in questi giorni dove si fanno analisi più o meno convincenti sull'esito di un voto che in qualche modo ha portato a una nuova rottura. Tuttavia, leggendo i dati elettorali, c'è un partito di "camerieri" che ha vinto. Sono i sindaci dei piccoli paesi, quelli che hanno scelto l'assunzione di responsabilità in un momento non facile e che ora dovranno decidere se essere camerieri o capibastone. C'è un anello della democrazia, che in passato aveva creato il tessuto dei consensi e della credibilità, che è proprio quello dei piccoli Comuni, dove si impara dal basso a servire. Ma cosa si serve? Il bene che viene ereditato, gli abitanti vecchi e nuovi che vanno a comporre una comunità (si chiama integrazione), cercando soluzioni ai bisogni della contemporaneità. E poi si serve una storia, che è fatta di identità, cemento che sostiene l'appartenenza a una Patria (parola forse desueta, ma che abbiamo bisogno di recuperare). Tutto questo esercizio quotidiano dei sindaci e degli amministratori locali passa spesso sotto traccia, senza capire che la politica di domani incomincia da lì: dalla prossimità, non dalle strategie o dalle alleanze. Leggo i nomi degli eletti della mia regione e le fotografie ritraggono tanti giovani. Che hanno ricevuto un mandato dai propri concittadini non sulla rabbia, ma sulla possibilità di una costruzione. Leggo anche i nomi di chi non ce l'ha fatta e a sorpresa si scoprono volti di politici navigati ai quali è stata negata la rappresentanza del proprio Comune. Non è un mestiere la politica, il mestiere è quello del cameriere semmai, che ha successo (nell'intimo e nella società) nella misura in cui diventa la più alta forma di carità. La politica è compassione, così come il lavoro del cameriere, che non mette su un tavolo un piatto e tutto finisce lì. «Il piatto anche migliore non vale se non è amica e gentile la mano che lo offre» chiosa sempre don Giussani, che ci mette in guardia da quello che non può mai mancare in ogni azione: il fattore umano.