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Caravaggio e Valduga, che incrocio di sguardi

Cesare Cavalleri mercoledì 12 dicembre 2018
La collana del Mulino "Icone. Pensare per immagini", a cura di Massimo Cacciari, si arricchisce di un testo della poetessa Patrizia Valduga, Per sguardi e per parole (pagine 128, euro 12). Tre capitoli: “Poteri dello sguardo”; “Sguardo della ragione e sguardo del sentimento”; “Lo sguardo dell'arte”. Il primo è un'intensa contemplazione della Cena in Emmaus di Caravaggio, conservata a Brera, vittoriosa nel confronto con l'altra Cena caravaggesca custodita a Londra. Contemplazione che diventa appassionata descrizione, perché la critica d'arte è sempre sinestesia, cioè ricorso alla figura retorica che accosta parole appartenenti a esperienze sensoriali diverse. Nel caso della critica d'arte, si tratta di tradurre in parole un quadro, una scultura, metamorfosi che riesce soprattutto ai poeti, come Valduga. Il secondo capitolo è il più “filosofico” e valorizza le intuizioni dello psichiatra cileno Ignacio Matte Blanco (1908-1995) sulla “logica asimmetrica” (aristotelico-cartesiana, quella che usiamo abitualmente in stato di veglia) e sulla “logica simmetrica”, quella del sogno, dell'inconscio, in cui non sussistono distinzioni tra dentro e fuori, uomo e donna, vivi e morti. Le due logiche coesistono tanto più negli artisti, talché, sostiene Valduga, «è impossibile fare arte solo con i sogni e con la loro logica, tanto quanto è impossibile fare arte senza i sogni, cioè senza usare anche la logica del sogno, che può coprire tutto lo spettro delle possibilità figurali di ogni arte». E benché le considerazioni della poetessa siano valide per ogni espressione artistica, Valduga ha sempre in mente la poesia, come si vede dalle frequenti citazioni di Giovanni Raboni, attinte anche al nostro “Avvenire”, compreso un severo giudizio di Raboni su Pasolini: «Un poeta in tutto, nella critica come nel giornalismo, nella filologia come nel cinema – in tutto, tranne che nella poesia». Concetti che vengono ribaditi nell'ultimo capitolo, partendo dalla definizione di “punto di sella”, come i fisici chiamano il punto in cui due sistemi contrapposti stanno in equilibrio. Ancora con Matte Bianco, «la poesia – e ogni arte – è un “punto di sella” fra punto di vista della ragione e punto di vista del sentimento, fra rispetto della razionalità, o della realtà, o della funzionalità, e piacere della trasgressione logica o fantastica o ludica. Dà voce contemporaneamente alle due istanze contrapposte del pensare e del sentire, fa sentire il pensiero, estrae pensiero dal sentire». Il finale ritorna alla Cena in Emmaus di Brera: «E di nuovo ho guardato Gesù» scrive la poetessa; «l'ho guardato così intensamente che per un istante ha sollevato le palpebre e mi ha fatto vedere i suoi occhi: erano scuri, e lampeggiavano di un fuoco profondo, come quelli di Caravaggio, Raboni, Proust, Kantor, Cartesio; erano chiari, e secernevano fiotti di azzurro, come quelli di Pontormo, Sade, Flaubert, Dreyer, Buñuel. Per un istante i suoi occhi hanno guardato; non me, non solo me, ma ogni essere umano di ogni tempo e di ogni luogo». Così pensano e scrivono i poeti.