Nella preziosa corrispondenza epistolare tra san Paolino di Nola e sant’Agostino, la cosiddetta “Lettera 50” è dichiaratamente scritta in fretta, poiché la barca che l’avrebbe portata al destinatario stava per partire. Non sorprende che Paolino abbia avuto appena il tempo di elencare una serie (comunque lunga) di dubbi su passi delle Sacre Scritture che gli apparivano oscuri, e chieda all’amico il favore di chiarirli. Uno di quei dubbi riguarda il legame che può esistere fra il Salmo 68 (67), 24, dove si parla dei cani del Signore, e i cagnolini che non possono mangiare pane, ma si nutrono delle briciole, presenti nel testo evangelico della donna cananea (Mt 15,26). Per nostra delusione, sant’Agostino nella sua risposta salta questa domanda. Restiamo così senza sapere che cosa ne pensi. Nel suo commentario ai Salmi, però, il problema riappare, e il Maestro di Ippona scrive che il sostantivo “cane” non ha necessariamente un significato negativo, né deve essere visto come il contrapposto ostile o l’alterità che minaccia. Dalla inimicizia si può passare all’amicizia. Dalla distanza si può passare alla prossimità. Dalle logiche escludenti, che servono non di rado solo a esasperare particolarismi, si deve passare a una visione universalista. Per questo le briciole parlano della giustizia distributiva e dell’accesso libero al bene comune.
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