C'è una lunga linea irregolare nella sabbia del Sahel
Alcune linee arrivano a destinazione. Partono da una riva, proprio ciò che il nome Sahel significa, per raggiungerne un'altra. Da lì, come per magia, la linea si getta nel mare e diventa una scia, una cometa, un gorgoglio, un'onda come le altre. Le linee nella sabbia e le linee nel mare si cancellano entrambe dopo essersi faticosamente inseguite. Non risultano registrate da nessuna parte. Si trovano invece nelle punteggiature colorate delle cartine dei movimenti delle migrazioni irregolari in Africa, a sud di Lampedusa. Sono talvolta stimate dalle Agenzie specializzate nelle statistiche del nulla, che prosperano come mai nelle nostre zone. Altre invece no. Non arrivano da nessuna parte perché si perdono prima. Devono scappare, nascondersi, evitare trappole e controlli di milizie pagate per fermarne il tracciato. Sono linee interrotte nel deserto di pietra e di sabbia. Quando due di queste linee si congiungono perdendosi formano in genere una croce di sabbia.
Una linea nella sabbia della povertà unisce tra loro i Paesi nei bassifondi della classifica dell'umano sviluppo. Stilata dall'apposito Ufficio delle Nazioni Unite ne conferma il tracciato. Ultimo è il Niger, dove una linea di sabbia diventa strada di laterite tra le foreste che lo unisce al Centrafrica distrutto dalla guerra. Sale poi al Sudan del Sud che, ultimo nato tra i Paesi del globo, ha la sfortuna di possedere petrolio in quantità. Proprio come il Ciad che cambia la linea nella sabbia in condotti per esportare il petrolio a uso cinese controllato e garantito. Il tracciato termina nel Burundi, quint'ultimo della classifica, che gioca coi fantasmi del passato per paura del presente. Linee irregolari, clandestine, inaffidabili e inaccettabili per chi vorrebbe che il mondo continuasse a girare sempre dalla stessa parte, l'unica giusta per loro. Le linee perse nella sabbia sono una delle ultime occasioni per cambiare la direzione delle stagioni della storia. Seguendole passo a passo si arriva da noi.
Siamo diversi da voi. Non facciamo ponti levatoi, palizzate o muri di mattoni. Non scaviamo fossati o trincee dietro le quali barricarci per paura dei barbari. Facciamo a meno dei vostri permessi di soggiorno temporaneo a chi vi offre garanzie di tranquillità. Ripudiamo i vostri trattati e le alleanze rinnovabili a vostro piacimento. Non ci illudono le vostre promesse di solidarietà umanitaria e neppure i vostri discorsi sui diritti umani. Vendete armi a entrambi i belligeranti e poi li fate sedere al tavolo di pace da voi presieduto. Credeteci, siamo diversi da voi. Ci limitiamo a scrivere sulla sabbia e a tracciare una linea che il vento cancella al suo passaggio. Su questa linea inesistente fabbricate reticolati e piazzate sensori pronti a ringhiare come cani addestrati alla caccia di stranieri. Formate addetti per i controlli di una frontiera che avete deciso di costruire per dare lavoro alle vostre imprese coloniali. Date soldi ai nostri politici perché allontanino ogni traccia possibile della linea scavata nella sabbia. Non vi siete accorti che dalla linea di sabbia hanno incominciato a nascere alberi e fiori.
Niamey, settembre 2018