Ineluttabile, il momento è arrivato: Jannik Sinner, l’uomo di punta dello sport italiano, con amarezza ha dovuto convocare una conferenza stampa e spiegare che il suo problema all’anca lo costringerà a rinunciare agli Internazionali di Roma per una sosta necessaria a non pregiudicare il resto della stagione o avere un impatto addirittura sulla sua carriera. Colui che per tutti noi era diventato una macchina perfetta di bellezza, efficienza, agonismo, un’icona di indistruttibilità ha dovuto ricordarci, con lo sguardo pieno di amarezza, che è prima di tutto un uomo. Lo ha fatto ancora una volta lui per noi, con garbo, con senso della misura, con parole chiare che nascondono un sottotesto: basta con questo doping dei calendari, con questa bulimia di eventi, con questa richiesta di andare sempre oltre il limite. Non c’è più limite, infatti, in qualsiasi disciplina, all’infittirsi dei calendari, all’incremento del numero di manifestazioni dove, naturalmente, sono richiesti sempre gli stessi atleti. Finisce il campionato e dopo poche ore si parte con la nazionale, finisce un torneo e dopo poche ore si parte per un altro torneo, magari dall’altra parte del mondo. Allenarsi e fare un’adeguata preparazione fisica, diventa un’opzione secondaria. Il vero lavoro è viaggiare, resistere a un fuso orario diverso, entrare in campo, performare al 100%, senza mai soluzione di continuità. Gli allenatori ormai sono più agenti di viaggio che tecnici, la loro attività principale deve essere quella di garantire una logistica adeguata. E anche atleti che sembrano infrangibili, inevitabilmente, mostrano le loro fragilità. Nel caso specifico di Sinner e del tennis si deve tener conto anche del cambio di superficie che, diminuendo i tempi del passaggio dalle superfici veloci (il cemento di inizio stagione) a quelle più lente (la terra rossa) porta inevitabilmente a qualche problema fisico. Sarebbe come chiedere a una Formula 1 di esprimersi con la stessa qualità, ma senza cambiare le gomme su una pista asciutta o sul bagnato. E perché se questa immagine è perfettamente condivisa e chiara per tutti (nessuno sano di mente farebbe gareggiare Leclerc con gomme slick sotto a un diluvio) quando si passa dalle macchine agli uomini i confini diventano discutibili? Il pubblico di Roma non godrà dello spettacolo offerto dallo sportivo del momento e questo è un peccato, ma è molto più preoccupante che un ragazzo dal talento e dalla voglia di lavorare come pochi altri nella storia sportiva di questo Paese debba necessariamente fermarsi per dimostrare che l’entropia del sistema ha raggiunto un livello inaccettabile, a maggior ragione nell’anno olimpico che qualsiasi atleta prepara in anni di attenzione ossessiva a ogni dettaglio. Speriamo, prima di tutto per lui, che il problema all’anca di Jannik Sinner rientri presto, ma soprattutto rientri essendo risolto in maniera definitiva. E speriamo che questa rincorsa ossessiva a calendari sempre più densi lasci spazio alla ragione e al buon senso, a beneficio della salute degli atleti (il ciclismo visse qualcosa del genere anni fa e fu l’incipit del periodo peggiore legato al doping, diventato uno strumento per riuscire a rispondere a sollecitazioni sempre più pressanti), a beneficio dello spettacolo e, in ultimo, degli spettatori che da quello spettacolo desiderano farsi ispirare.
© riproduzione riservata