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C'è un calcio camminato, ed è cosa buona, pulita e giusta

Mauro Berruto mercoledì 16 maggio 2018
Tutto ebbe inizio con il movimento "Slow food". Carlo Petrini detto Carlin, negli anni 70 frequenta Sociologia a Trento, lo stesso posto dove Renato Curcio aveva deciso di provare a cambiare il Paese e il mondo con la lotta armata. Petrini, invece, nato nella cittadina di Bra provincia di Cuneo, una delle capitali piemontesi dell'enogastronomia, figlio di un'ortolana e di un ferroviere, mentre le Brigate Rosse seminano terrore, decide che il mondo, lui, lo cambierà in un altro modo. Nel 1986 la sua idea viene alla luce, proprio a Bra. In risposta al dilagare della cultura alimentare del fast food o junk food (cibo spazzatura) fonda un movimento il cui scopo è quello di promuovere il diritto al piacere del cibo gustato con lentezza, restituendo all'alimentazione un significato culturale, di promozione del buono, del pulito, del giusto.
Sembra una simpatica idea destinata a coinvolgere un gruppo di amici gourmet, anche un po' edonisti. In realtà Carlin Petrini si scopre leader di un movimento filosofico. Quella weltanschauung, quella sua concezione e modo di vedere il mondo, esplode e diventa internazionale. Il riscatto di chi vuole andare più piano e contemporaneamente difendere dei valori (il buono, il pulito, il giusto sono una triade scolpita nella roccia del manifesto slow food) supera i confini nazionali, corre in lungo e in largo per il pianeta, fonda nei cinque continenti presidi di difesa e salvaguardia delle biodiversità, di piccole produzioni enogastronomiche minacciate dall'agricoltura industriale. La filosofia slow food che ha il suo momento più alto ed emozionante nei giorni di Terra Madre, una manifestazione di portata planetaria che si svolge ogni due anni e tornerà a Torino alla fine del prossimo mese di settembre, germina nuove idee. Quella visione del mondo contamina altri pezzi di umanità. Oggi, per esempio, esiste un movimento slow medicine che raccoglie pazienti, medici, professionisti che si impegnano alla costruzione di un modello di medicina basato su sobrietà, rispetto, giustizia, ascolto. Esiste un movimento slow city, composto da 195 città in trenta Paesi del mondo che desiderano far riscoprire il fascino senza tempo della tradizione e della memoria dei territori. Esiste perfino slow web, associazione che promuove l'uso responsabile degli strumenti informatici e digitali.
E lo sport? In realtà lo sport parrebbe un po' distante da questo concetto: tutto sembrerebbe fondarsi sulla prestazione, sulla velocità. Perfino il motto olimpico è Citius! Altius! Fortius! che in latino significa "Più veloce! Più in alto! Più forte!". Invece, a gran sorpresa, nel 2011 in Inghilterra la filosofia slow si arricchisce di una componente sportiva. Nasce nel Regno Unito, la patria del football, la disciplina del "calcio camminato". Questa disciplina si fonda su un paio di regole ferree: se il passo veloce degli atleti si trasforma in corsa, l'arbitro fischia il fallo, così come succede quando la palla viaggia a un'altezza superiore al metro e mezzo. I protagonisti? Uomini e donne Over 50 (esistono anche con squadre miste) che non vogliono arrendersi al sano spirito agonistico che si genera intorno a una palla e vogliono prendersi cura di sé e del proprio stile di vita. Domenica, in Inghilterra, si sono disputate le prime partite fra squadre nazionali della storia di questo sport: in campo Inghilterra e Italia. Non è andata benissimo per i nostri azzurri sconfitti 2-0 nella categoria Over50 e 3-0 in quella Over60, ma resta la soddisfazione di essere stati i primi. Ora il movimento azzurro vuole crescere. Le attuali 15 squadre daranno vita, a settembre, al primo campionato nazionale, ma se in campo si cammina... con le idee si corre e l'obiettivo è già all'Europeo 2019 e al Mondiale 2020.
Malignamente si potrebbe pensare che, dopo 60 anni, non andremo in Russia ai prossimi Mondiali anche perché qualche campione di serie A strapagato, ma dai lombi un po' molli, ha praticato qualche volta una sorta di calcio camminato a nostra insaputa. Tuttavia, nel caso del Walking Football, quello originale, l'anelito è virtuoso: nessuna sciatteria, solo voglia di star meglio, di sentirsi attivi e di scoprire il paesaggio urbano visto che spesso le palestre dove si gioca sono a cielo aperto, nei parchi cittadini a costo zero. Insomma: ai nostri idoli chiediamo senz'altro di correre di più, ma anche di imparare dall'entusiasmo e dalla passione di chi, al contrario, camminando, corre spedito verso un modo di intendere lo sport come cultura del movimento, investimento sulla passione, sulle relazioni e sul benessere.