Rubriche

C'è un'altra Terra in cielo E se ascoltassimo Tolstoj e tornassimo alla nostra?

Alfonso Berardinelli venerdì 31 luglio 2015
«Scoperta un'altra Terra. Annuncio storico della Nasa«. Leggo la grande notizia, una di quelle che eccitano la nostra immaginazione scientifica e il nostro inconscio fantascientifico. L'articolo di “Repubblica” comincia così: «È quasi come vedersi allo specchio: c'è un pianeta nella Via Lattea che assomiglia molto al nostro e che gira intorno a un sole quasi uguale al nostro. Si trova nella costellazione del Cigno, a 1400 anni luce da noi…». Sappiamo che un anno luce è la distanza percorsa dalla luce in un anno, cioè 9461 miliardi di chilometri. Se dunque proviamo a immaginare a quale distanza da noi si trova questo pianeta nostro simile, ci vengono le vertigini perché stiamo facendo quella che si chiama un'esperienza extrasensoriale. La nostra stessa immaginazione vacilla e si spegne. Chi insiste a dire che Dio non esiste, ha poca mentalità scientifica, secondo me, per non parlare di altre dimensioni mentali.A questo punto, per ironica e maliziosa associazione di idee, può venire in mente un'altra Terra, la nostra, di cui due settimane fa sul “Sole 24 Ore” ha parlato Goffredo Fofi in un articolo intitolato «Per un ritorno alla terra». Vi si parla di un testo scritto da Tolstoj nel 1906, quando aveva settantotto anni. La terra di Tolstoj non è il pianeta Terra, è la terra con la minuscola, quella che abbiamo, che dovremmo sapere di avere sotto i piedi: che ci sostiene, ci ha dato la vita, la terra degli agricoltori, quella che produce forme di vita, aria respirabile e alimenti. Questa terra, per essere scoperta o riscoperta, più che immaginazione richiede attenzione al mondo in cui siamo, all'ambientazione terrestre della nostra vita. Negli scritti raccolti in Guerra e rivoluzione (Feltrinelli, a cura di Roberto Coaloa, pagine 192, euro 8,50) Tolstoj ha due bersagli: lo Stato e lo sviluppo industriale, nostri attuali idoli e tiranni. Entrambi, secondo Tolstoj, nemici del popolo e di Dio perché ci chiedono totale obbedienza. Tornare alla terra vorrebbe dire abbandonare un modello metropolitano mostruoso, immorale e demoralizzante, e quindi disobbedire allo Stato-industria.È troppo tardi per questo? O è troppo presto e dobbiamo aspettare le prossime catastrofi?