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C'è chi riesce a vedere perfino l'inesistente

Pier Giorgio Liverani domenica 22 aprile 2012
«Meno credenti, più atei convinti. Così il mondo volta le spalle a Dio»: è il titolo, più orgoglioso che allarmato, di Repubblica (venerdì 20) a una rilevazione della crisi della religiosità nel mondo. Due settimane prima, ma con un tono preoccupato, Sette, uno dei magazine del Corriere della Sera aveva dedicato otto pagine a un drammatico interrogativo: «Con che coraggio continuiamo a dirci cristiani?», ma era una ricerca limitata alla sola Italia. Che da noi e nel mondo ci sia una crisi della fede non è una novità: altrimenti il Papa non avrebbe indetto un "Anno della fede". Dunque non è il caso di fare difese d'ufficio di Dio e della Chiesa, ma qualche rilievo su questa specie di indagine di opinione (soprattutto della prima) è necessario. È abitudine abbastanza diffusa del "mondo laicista", cui Repubblica appartiene per merito, mettere nel medesimo paiolo i «credenti» senza alcuna distinzione tra le profonde diversità dei molti credo, persino fra i tre credo monoteisti, tra le «credenze» e anche tra i diversi ateismi, senza tener conto delle situazioni locali e personali: c'è chi crede con dei dubbi e chi si professa ateo, ma è ugualmente dubbioso. I tardivi dati del quotidiano provengono dalla terza edizione (2008) dell'«International Social Survey Programme sulla fede in Dio nel mondo attraverso gli anni e le nazioni» e sono stati raccolti con interviste di «sessantamila persone in 42 Paesi dal Cile al Giappone»: pochi interpellati e troppe religioni e troppa confusione tra religiosità e fede. Tanto per giustificare qualche riserva, l'Annuario Pontificio documenta una sensibile crescita globale dei cristiani e particolarmente dei cattolici. Nonostante ciò, la spiegazione che, su Repubblica, Vito Mancuso fornisce della crisi del cattolicesimo appare ancora più carente di aderenza alla realtà. Il teologo non va oltre il solito scontatissimo menu di «colpe» della Chiesa, che serve solo a distrarre l'attenzione dalla sostanza del problema: celibato sacerdotale, mancata «apertura al diaconato e al cardinalato femminile, leggi anacronistiche in tema di morale sessuale e di disciplina dei sacramenti». Per ultimo il Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, che pur essendo nato appena un anno e mezzo fa, sarebbe solo «un altro centro di potere, i cui frutti inesistenti sono sotto gli occhi di tutti». E bravo Mancuso, specializzato nel vedere perfino l'inesistente.MEDICINA AMORALEUn altro attacco all'obiezione di coscienza all'aborto arriva da chi meno te l'aspettavi: il medico e deputato Ignazio Marino, che sull'Unità propugna l'uso della pillola dei cinque giorni dopo affermando: «Non si tenti di insinuare che questa pillola sia abortiva e non anticoncezionale […] Su questo farmaco non è accettabile alcun appello all'obiezione di coscienza», perché «sui nuovi farmaci le decisioni debbono essere di natura clinica e non orientate dalla morale». Non sapevamo che proprio in medicina fosse lecito prescindere dall'etica medica. Par di sentirlo, povero Ippocrate (e non solo lui), rigirarsi nella tomba.77: NON BASTANOC'è qualcuno che si fa avanti per allungare la lista degli ultimi Paesi che mantengono in vigore la pena di morte. È Il Giornale che, a proposito del «killer di Oslo», sentenzia in prima pagina (martedì 17): «Siamo noi i veri condannati a non poter uccidere il mostro». Settantasette morti non gli bastano.