Ieri si è svolto a Milano il Gay Pride lombardo e oggi, – annunciava La Repubblica mercoledì 22, – nella chiesa valdese della città, un pastore e una pastora benediranno per la prima volta le "nozze" tra due uomini: Ciro e Guido. È una notizia dolorosa, tanto più leggendo Natalia Aspesi, che, esperta in questioni di cuore, spiega bene come stanno le cose, con l'aria di chi le condivide: «Per i valdesi il matrimonio non è un sacramento, perché Gesù non ha sposato nessuno» e, dunque, tanto meno due uomini o due donne tra loro, ma ha descritto assai bene la sostanza del matrimonio e ha ordinato: «L'uomo non separi ciò che Dio ha unito» (Mt 10). La Aspesi riferisce anche le ulteriori spiegazioni del pastore: «Non è intenzione dei valdesi di sacralizzare l'omosessualità, noi prendiamo solo atto di un legame vissuto nella responsabilità e reciprocità. È una cosa bellissima». Davvero? Sembra che quel pastore abbia studiato teologia morale alla scuola di Umberto Veronesi, la cui affermazione che «l'amore omosessuale è quello più puro» (i giornali di venerdì 24), è stata, però, smentita, su Libero, proprio da Angelo Pezzana, storico militante del "FUORI!" e tra i primi fondatori del Movimento di Liberazione Omosessuale in Italia. L'esponente valdese così prosegue: «Mi scandalizza invece l'ipocrisia o quell'acido spirito che si serve delle Scritture per discriminare, oltraggiare: se dovessimo seguire ancora la Bibbia senza tener conto di quando fu scritta, dovremmo praticare ancora la lapidazione dell'adultera». Basterebbe, invece, tenere conto della Bibbia cristiana, là dove il Vangelo (che, nella logica valdese, dovrebbe valere di più almeno perché è più recente delle Scritture ebraiche) ci ricorda Gesù che salva l'adultera dalla lapidazione. L'impressione è che quel «l'uomo non separi ciò che Dio ha unito» venga letto dai pastori valdesi di Milano a rovescio: «Dio non separi ciò che l'uomo unisce»...
IL FUTURO NON SERVE?
Questa settimana, nelle sciocchezze apparse sui giornali, prevale il format religioso. Della Bibbia si è appena detto. La rubrica domenicale del Manifesto "Divino" presenta un «inno all'unità del tutto» che risuona nella confusione. Parla Paul Knitter, teologo cattolico americano "dissidente" e già sanzionato, anni fa, dalla Congregazione per la dottrina della fede, che si dice «cattolico e buddista» e per di più che «senza Buddha non potrei essere cristiano». Sarà, ma il suo cristianesimo è davvero strano: come per il buddismo – lui dice – «si oppone a tutte le forme di dualismo e, viceversa, a favore dell'unità: uomo e mondo, spirito e materia, Dio e uomo, presente e futuro...». Secondo lui il vero cristianesimo sarebbe quello che «rivaluta l'oggi piuttosto del domani, il presente piuttosto del futuro...». Sarà, ma perché la rubrica si chiama «Divino», se al Manifesto ne capiscono così poco?
IL PLATANO DI KOS
Proprio a «Kos, isola di Ippocrate, e sotto il platano dove teneva le sue lezioni» (?) – riferiva Ore 12 venerdì 10 – è stata approvata «la prima Carta europea dell'etica medica», in vista del nuovo Codice deontologico medico comune. Nella Carta sono scritte molte cose buone, ma le informazioni di Ore 12 non fanno cenno ad aborto, eutanasia, manipolazioni genetiche... Purtroppo anche molte bozze in circolazione ne tacciono. Se davvero è così, perché mai (e supposto che sia proprio quello), è stato scelto il platano di Ippocrate?